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Il bandito e il campione - Viva l'Italia - Titanic - I muscoli del capitano - Sangue su sangue - Adelante! Adelante! - La storia - Generale - Quattro cani - La ballata dell'Uomo Ragno - Pezzi di vetro - Vecchi amici - I matti - Alice - Rimmel - Buonanotte fiorellino - Renoir - Vita spericolata - Sfiorisci bel fiore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Guido Guglielminetti

BASSO

Francesco De Gregori

VOCE, CHITARRA

 

 

 

Elio Rivagli

BATTERIA

 

 

 

 

 

 

 

 

Rosario Gagliardo

BATTERIA

Vincenzo Mancuso

CHITARRE

 

 

 

 

 

 

 

 

Lucio Bardi

CHITARRE

Orazio Maugeri

FIATI

 

Lalla Francia

CORI

Lola Feghali

CORI

Stefano Senesi

TASTIERE

 

Prodotto da Vincenzo Mancuso -  Registrato a Torino e Reggio Calabria nel settembre 1992 da Maurizio Maggi e Toni Soddu - Missato da Luciano Torani nello studio "Suono di Ripetta" di Roma e "Mulinetti" di Recco.  Editing di Antonio Baglio 

TANKS

per le luci ed i suoni dello spettacolo gli uomini della Lem Professional e, per quanto riguarda il concerto di Torino, la Stage, Glauco Mattei e Pino Chiodo. Per il grande lavoro svolto sopra, sotto e intorno al palco per tutta la tourneè Fabio Citterio, Arturo Pellegrini, Alessandro Zagatti, Franco De Agazio, Maurizio Corradi. E Vincenzo Fiordilino, che si è occupato delle mie chitarre. Infine "last but not last", Filippo Bruni, che di questa tourneè è stato il produttore, il promotore e l'organizzatore. Provo grande riconoscenza, naturalmente, per tutti i musicisti che hanno lavorato con me: oltre al gruppo, composto da Vincenzo Mancuso - che del disco è anche produttore - e Lucio Bardi (chitarre), Guido Guglielminetti (basso) e Rosario Gagliardo (batteria) voglio ricordare coloro che hanno partecipato al concerto di Torino: Elio Rivagli, Stefano Senesi, Lola Feghaly, Lalla Francia. Lalla è anche la voce femminile che mi fa il controcanto ne "Il bandito e il campione". Orazio Maugeri, invece, ha suonato il sax su "I matti" e "La storia" nel concerto di Reggio Calabria. Senza lo Stucco e tutta la Stuccheria (L & M Trukking)

 

 

 

Questo disco (questo compact, questa casetta) contiene buona parte del mio lavoro dal vivo registrato nel corso degli ultimi mesi qua e là per l'Italia (anzi "su e giu" visto che le incisioni più recenti provengono da un concerto fatto a Reggio Calabria agli inizi di marzo mentre quelle più "antiche" - W l'Italia", "Renoir" e "Vita spericolata" sono state realizzate a settembre dell'anno scorso nel palasport di Torino, a quasi 1400 chilometri di distanza). La prima canzone, però, è un inedito registrato in studio. Si intitola "Il bandito e il campione", è stata scritta da Luigi Grechi e racconta la strana storia (vera) di Costante Girardengo e SantePollastri, amici d'infanzia divenuti successivamente l'uno un eroe del nostro ciclismo, l'altro un intraprendente fuorilegge. Una storia di "prima del motore" che non trovò molta ospitalità sui giornali dell'epoca (erano gli anni Trenta e il regime fascista non gradiva venisse dato eccessivo riscontro agli episodi di cronaca nera), ma che ora torna alla luce come una scheggia ingenua ed atipica della nostra epopea non ufficiale. Il resto è stato completamente registrato dal vivo: i brani di Torino su una macchina analogica a 24 piste da Maurizio Maggi (Umbi Mobile), tutti gli altri da Toni Soddu su un registratore digitale giapponese a 32 piste che abbiamo battezzato "Droppin Mobile" per alcune caratteristiche tecniche imprevedibili con le quali ci siamo dovuti confrontare. Tutto questo materiale è stato poi missato da Luciano Torani in varie riprese, prima nello studio "Suono di Ripetta" di Roma e poi nello studio "Mulinetti" di Recco, vicino a Genova. Il lavoro definitivo di editing e di equalizzazione dei master è stato fatto invece da Antonio Baglio a Milano, in via Ricordi 13, nello studio Profile. Desidero ringraziare indistintamente tutti coloro che mi hanno aiutato in questo lavoro: per le luci ed i suoni dello spettacolo gli uomini della Lem Professional e, per quanto riguarda il concerto di Torino, la Stage, Glauco Mattei e Pino Chiodo. Per il grande lavoro svolto sopra, sotto e intorno al palco per tutta la tourneè Fabio Citterio, Arturo Pellegrini, Alessandro Zagatti, Franco De Agazio, Maurizio Corradi. E Vincenzo Fiordilino, che si è occupato delle mie chitarre. Infine "last but not last", Filippo Bruni, che di questa tourneè è stato il produttore, il promotore e l'organizzatore. Provo grande riconoscenza, naturalmente, per tutti i musicisti che hanno lavorato con me: oltre al gruppo, composto da Vincenzo Mancuso - che del disco è anche produttore - e Lucio Bardi (chitarre), Guido Guglielminetti (basso) e Rosario Gagliardo (batteria) voglio ricordare coloro che hanno partecipato al concerto di Torino: Elio Rivagli, Stefano Senesi, Lola Feghaly, Lalla Francia. Lalla è anche la voce femminile che mi fa il controcanto ne "Il bandito e il campione". Orazio Maugeri, invece, ha suonato il sax su "I matti" e "La storia" nel concerto di Reggio Calabria. Senza lo Stucco e tutta la Stuccheria (L & M Trukking) infine, non avremmo potuto fare tutti i chilometri che abbiamo fatto. Grazie anche a loro, quindi, e a tutti quelli che inevitabilmente ma non volontariamente ho dimenticato. Non c'è molto da dire ancra tranne che nel lungo giro di serate che è all'origine di questo lavoro ci è capitato ogni tanto di catapultare nella scaletta del concerto "ufficiale" qualcuno dei pezzi che improvvisavamo durante le prove del pomeriggio per divertirci e non fare sempre le stesse cose. E' successo con "Vita spericolata", di Vasco Rossi e con "Sfiorisci bel fiore" di Enzo Jannacci, che è senz'altro meno conosciuta ma che mi è altrettanto cara. La scelta degli altri pezzi, poi, è avvenuta un po' così, né per caso né per necessità; forse potrei dire che in un certo senso si sono scelti da soli. Un disco dal vivo in fondo è quanto di meno definito e definitivo possa pubblicare un autore di canzoni. O un cantante. Non un'antologia, non un riepilogo; né tantomeno, un autoritratto; solo il maldestro tentativo di fermare qualcosa che col passare del tempo (nei mesi e negli anni, ma anche sera dopo sera) si modifica continuaniente, sfugge, si disperde, ritorna. Le canzoni cambiano nella testa di chi le ha scritte molto di più e molto più velocemente di quanto non accada nella memoria di chi le ascolta. Questo disco, perciò, potrebbe essere paragonato in qualche modo ad una foto perfettamente a fuoco ma anche perfettamente mossa. O ad uno specchio in movimento. E al suo autore non resta che correre il rischio, come capitò ad Alice nel Paese delle Meraviglie, di passare involontariamente attraverso questo specchio nel quale (lo giura) ha soltanto desiderato vedere per un attimo il proprio riflesso. Grazie a tutti, di tutto. 31 Agosto 1993

 

(Testo e musica di Luigi Grechi)

 

 

 

 

 

 

Due ragazzi del borgo cresciuti troppo in fretta
un'unica passione per la bicicletta
un incrocio di destini in una strana storia
di cui nei giorni nostri si è persa la memoria
una storia d'altri tempi, di prima del motore
quando si correva per rabbia o per amore
ma fra rabbia ed amore il distacco già cresce
e chi sarà il campione già si capisce
Vai Girardengo, vai grande campione
nessuno ti segue su quello stradone
Vai Girardengo, non si vede più Sante
è dietro a quella curva, è sempre più distante.
E dietro alla curva del tempo che vola
c'è Sante in bicicletta e in mano ha una pistola
se di notte è inseguito spara e centra ogni fanale
Sante il bandito ha una mira eccezionale
e lo sanno le banche e lo sa la questura
Sante il bandito mette proprio paura
e non servono le taglie e non basta il coraggio
Sante il bandito ha troppo vantaggio.
Fu antica miseria o un torto subito
a fare del ragazzo un feroce bandito
ma al proprio destino nessuno gli sfugge
cercavi giustizia ma trovasti la Legge.
Ma un bravo poliziotto che sa fare il mio mestiere
sa che ogni uomo ha un vizio che lo farà cadere
e ti fece cadere la tua grande passione
di aspettare l'arrivo dell'amico campione
quel traguardo volante ti vide in manette
brillavano al sole come due biciclette
Sante Pollastri il tuo Giro è finito
e già si racconta che qualcuno ha tradito.
Vai Girardengo, vai grande campione
nessuno ti segue su quello stradone
Vai Girardengo, non si vede più Sante
è sempre più lontano, è sempre più distante
sempre più lontano, sempre più distante?
Vai Girardengo, non si vede più Sante
Sempre più lontano, sempre più distante...

In "Il bandito e il campione" si parla anche di tradimento. Sei mai stato tradito da qualcuno o da qualcosa? Non in modo irreparabile. I tradimenti fanno parte della vita e delle nostre stanze. Di sicuro la canzone parla del tradimento di un'amicizia, ma non posso parlare di una canzone che non ho scritto io, bensì mio fratello, Luigi Grechi. E questo mi mette a disagio. Il brano narra la storia di un ciclista famoso, Costante Girardengo, che ad un certo punto pare (è meglio usare la forma dubitativa sennò mi fanno causa) abbia dato una soffiata alla polizia per favorire l'arresto di Sante Pollastri, che al tempo era un bandito famoso. La canzone però è romanzata, e il fatto giudiziario passa sicuramente in secondo luogo. Sicuramente è una storia sul tradimento, ma ai tradimenti bisogna sopravvivere.

 

 

 

 

 

 

 

"La Rai me l'ha chiesta, ho detto di no"

Luigi Grechi, il fratello maggiore di Francesco De Gregori, "colpevole" di avergli trasmesso la passione per la musica e le canzone d'autore, da Bob Dylan a tanti altri. Luigi, che ha conservato il cognome della madre a differenza di quello paterno con cui tutti conoscono Francesco, ha una sua carriera discografica di grande dignità, seppur meno avvezza alle zone alte delle classifiche. Da sempre appassionato di "storie di provincia", che siano quelle del Vecchio West come quelle di casa nostra, Luigi Grechi è un autentico cantastorie moderno. Ecco perché la sua Il bandito e il campione è diventato un classico della canzone italiana.
Una carriera discografica, quella di Luigi, fatta di numerosi bei dischi a partire dagli anni 70 e qualche hit anche per lui, sebbene attraverso le incisioni di Francesco De Gregori. Una di queste hit è stata senz'altro la celeberrima ballata Il bandito e il campione, pubblicata nel disco omonimo del 1993. Luigi Grechi la scrisse, Francesco De Gregori ne fece un successo. Con il suo autore originale abbiamo voluto parlare per farci raccontare la storia dietro una canzone che con la fiction di Rai Uno torna di nuovo alla ribalta, la storia del campione Girardengo e del "bandito gentiluomo" Sante Pollastri.
Sei stato contattato in qualche modo dalla produzione di questa fiction, a proposito della tua canzone o di un tuo contributo?
Conosco Marco Ventura da diversi anni, l'autore del libro "Il campione e il bandito" che è servito come fonte di ispirazione per la fiction adesso in onda su Rai Uno. Ci siamo conosciuti quando ancora stava lavorando sull'elaborazione del suo libro. Ci siamo trovati in ottima sintonia, tanto che gli ho permesso di usare i versi della mia Il bandito e il campione per aprire i vari capitoli del romanzo. Quando ho saputo che stavano girando una fiction sul questo tema mi aspettavo di venire contattato, e così è stato. Mi hanno chiesto il permesso di usare la mia canzone. Allora ho chiesto di lasciarmi leggere il copione.
E quindi?
Quindi, dopo averlo letto, ho detto grazie tante ma non ho concesso l'utilizzo della mia canzone.
E perché?
Perché leggendo il copione ho trovato che la storia era stata rimaneggiata rispetto a quello che io avevo raccontato. Chiariamoci: era del tutto nel loro diritto di fare ciò, io non sono il depositario della storia di Girardengo e di Sante Pollastri, ognuno rilegge la storia a modo suo. Però nella fiction non ho trovato aderenza con i miei personaggi, come li avevo immaginati io. Nella mia canzone poi non c'è scritto nulla di preciso riguardo ai fatti, però ci sono delle atmosfere che non si adattano con quelle del prodotto televisivo.
Diciamo anche che nella fiction si immagina una amicizia tra i due che probabilmente non c'è mai stata…
Girardengo era già un campione quando Sante era ancora un bambino. Ma comunque i due si sono sicuramente conosciuti, anche se la parola amicizia è una parola grossa e nel loro caso proprio non so… Si sono incontrati in quel famoso episodio di cui ha scritto Marco Ventura, e poi si saranno visti certamente alle corse, perché Sante era un grande fan.

E tu come la vedi questa storia di banditi e campioni?
La vedo che secondo me andrebbe raccontata sul grande schermo e non sul piccolo. Questo perché così avrebbe il giusto target che si merita, e non quello generalista della televisione. E' una storia bellissima e piena di fascino, mentre nella fiction tv si è cercato di mostrare situazioni intime che il pubblico televisivo ha desiderio e bisogno di vedere, ma che non c'entrano nulla con i protagonisti. Sante e Girardengo erano due vecchi piemontesi tagliati con l'accetta…
Una scelta coraggiosa, la tua…
Ma sai, io non ho mai scritto canzoni per fare soldi. E poi mi auguro che prima o poi qualcuno faccia una cosa come piacerebbe a me sull'argomento così mi tengo libero di dare la mia canzone per questa remota possibilità.
Come nacque in te la voglia di scrivere un brano su questi due personaggi?
Di loro mi parlò un amico di Novi Ligure, tanti anni fa. Era poco più di una leggenda di paese ma mi affascinò. Lavorai sulla canzone per più di dieci anni, cercando fonti e notizie che non trovai. Non esisteva nulla sul loro conto. Tutti i libri su Sante e Girardengo sono stati scritti dopo la pubblicazione del mio brano. Insomma, se la mia canzone ha avuto un merito, è stato quello di resuscitare una storia dimenticata. Che adesso in qualche modo è approdata anche in televisione.

Paolo Vites (5.10.2010)

http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=117212

 

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Da "Tutto" - Novembre 1979 - speciale De Gregori.
Luigi Grechi, il fratello Folk.
Ha scelto come nome d'arte il cognome della madre, Rita Grechi. Non lo ha fatto per modestia o per orgoglio, e nemmeno per evitare di togliere o prendere spazio a Francesco. Quando Luigi incise il primo disco il fratello era anche lui agli inizi e certi problemi non esistevano.
Nato per caso a Padova, cresciuto a Roma, Luigi ha 35 anni. Ha iniziato a cantare da studente nel '66-67. E' stato avviato al folk americano da una trasmissione radiofonica e più tardi dalla sua assiduità al Folkstudio. Luigi distingue tra folk e country: "il primo, almeno in teoria, è fatto da cantanti istintivi, genuini che vengono dalla vita; il secondo da professionisti o semiprofessionisti che la vita se la guadagnano andando in giro a cantare".
Luigi già frequentava il Folkstudio di Cesaroni e aveva cominciato a cantare qualche canzone del fratello Francesco. Visto che il pubblico le gradiva, disse al fratellino di venirsele ad interpretare lui. "Purchè non faccia casino", gli raccomandò.
Lui, avendo un'altra professione, fa indubbiamente del folk puro. Nel '72 ha vinto un concorso di bibliotecario alla Biblioteca civica di Milano. Qui si è stabilito e qui ha debuttato discograficamente. Il suo primo LP era intitolato "Accusato di libertà". Ai pezzi del folk americano si aggiungevano canzoni composte da lui come "Il mio cappotto" e "Mattmark" e canzoni che Francesco gli aveva volentieri ceduto come "Buonanotte Nina" e "Una storia antica come il sole".
Tre anni or sono usciva un suo secondo album intitolato semplicemente "Luigi Grechi". Tra i motivi degni di nota citiamo: "L'elogio del tabacco" e "Le chiavi".
Il terzo album è di quest'anno. Il titolo: "Come state?". Contiene le canzoni (val la pena di citarle tutte): "Come state?", "Polmonidipiombo e Panciacromata", "Rock della crostata", "Chitarrista cieco", "Flu, "Tema di Polmonidipiombo e…". Testo e musica suoi. Inoltre: "La regola d'oro" di Cohen-Grechi, "Dublino" e "Sotto una
bandiera" di De Gregori-Grechi.
La collaborazione tra i due fratelli continua, sia pure saltuariamente. In "Dublino", vecchia canzone rimaneggiata di De Gregori, cantano addirittura assieme. In orchestra, alcuni solisti: da Crovetto a Lucio "violino" Fabbri.
 Del fratello Francesco dice: "Le canzoni italiane che ascolto più volentieri sono sempre quelle sue. Dentro ci sono le stesse cose che io ho vissuto e alle quali mi sono appassionato. Tra noi, in anni non poi tanto lontani, c'è stato uno scambio di cultura musicale. Lui mi ha fatto conoscere Jannacci e De Andrè; io gli ho fatto conoscere Dylan, Cohen e il folk americano. Oggi Francesco ha uno stile totalmente suo. E' arrivato a scrivere cose in cui non c'è niente da togliere, niente di gratuito o di superfluo. Ha fatto piazza pulita di tutto ciò che non era totalmente poetico. Certi "languori giovanili" (non lo dico in senso negativo, ma come puro dato anagrafico) si possono riscontrare fino a "Rimmel". Erano canzoni di un giovane autore per un pubblico giovane. Adesso a Francesco non si possono più dare etichette. Possiede una cultura profonda e ha sempre letto moltissimo, forse più di me. Ricordo che quando era bambino (avrà avuto sette anni) mi portava via la mia Divina commedia per tentare di leggersela. In questi giorni Francesco ha scoperto "Hugh Finn" di Mark Twain. E' il suo eterno recupero dell'infanzia.

 

 

 

TUTTI IN PIEDI AD APPLAUDIRE
Omaggio a Federico Fellini. (Francesco De Gregori - L'Unità, lunedì 1 novembre 1993) Dunque - adesso lo sappiamo - non potremo più aspettare il
prossimo film di Fellini. Se il cinema di Fellini è stato, come noi crediamo che sia stato, cinema in movimento, eterno viaggio incompiuto, perpetua riscrittura, tutto questo, ebbene, si è fermato per sempre. Spetterà agli storici del cinema d'ora in poi, non più ai critici, occuparsi della straordinaria arte di Federico Fellini. Leggeremo sugli annali e nelle enciclopedie che il suo primo film da regista fu Lo sceicco bianco, nel 1951, e il suo ultimo La voce della luna con Benigni e Villaggio nel 1990. E rivedremo quindi con occhi diversi tutto il suo lavoro, proprio perché circoscritto in un arco di tempo definito, compresi gli spot pubblicitari della Banca di Roma, l'ultima fatica, credo, nonché la prima parte de Il viaggio di G. Mastorna da lui sceneggiato e affidato pochi mesi fa alla matita di Milo Manara. (E del resto il fumetto era stao il suo primo e mai rinnegato amore, e al fumetto alla fine, con stravagante coerenza, ha voluto consegnare la grande storia irrisolta della sua vita; il film che non poteva essere e non è mai stato). Ero ancora abbastanza giovane quando morì Chaplin ma ricordo ancora oggi quel senso di distacco violento, di ingiustizia subita, di dolore inatteso e irrimediabile. Se ne andava un pezzo della mia infanzia: una porzione importante della mia memoria ancora acerba di spettatore finiva in archivio, veniva sottratta di colpo al presente. Moriva Chaplin, moriva soprattutto Charlot, moriva con una capriola Calvero, comico sublime ed infelice, subito dopo averci fatto sbellicare dalle risate in un memorabile duetto con Buster Keaton, in Luci della ribalta. Provo a cercare adesso, nei film di Fellini, tracce dell'idea di morte e stranamente non mi sembra di riuscire a trovarne. E' come se alla fine anche nelle sue storie più amare, negli scenari più scuri e stralunati, nelle atmosfere più inquietanti finisse sempre per prevalere una nota di remissione e dolcezza, una tonalità mai realmente disperata; come se anche l'angoscia, il buio, la paura, la cattiveria, la vigliaccheria, la iattanza, la debolezza e la stupidità degli uomini, dei suoi personaggi, si sciogliessero alla fine in un accordo quieto e lontano, solare. Così come La dolce vita, film notturno e disperato, finisce su una spiaggia all'alba di un nuovo giorno, così come forse la misteriosa palla d'acciaio alla fine di Prova d'orchestra abbatte un muro non per demolire ma per permetterci di guardare oltre, e meglio. Ci mancherà, il cinema di Fellini. Ci mancheranno la sua intelligenza, il suo smisurato talento, la sua onestà, il suo garbo, la sua perenne modernità. La sua assenza è un peso intollerabile per tutti gli uomini di vera cultura, per tutti gli uomini della strada. Non potremo più chiederci, da oggi, come sarà il prossimo film di Fellini e per questo siamo tutti un po' più soli e spaesati. Le luci nella sala si sono spente e anche lo schermo stasera è vuoto. Noi siamo tutti in piedi, come orfani, ad applaudire.

 

 

  

 

Un Brigante al Giro D'Italia

Giovedì 11 maggio 2006  presso alle Rotative di Libertà, la passione per la biciletta che incastrò il fuorilegge In occasione della tappa piacentina dell'89° Giro D'Italia, anche lo Spazio Rotative di Via Benedettine “si tinge di rosa”. Giovedì 11 (inizio ore 21) viene proposto, infatti, lo spettacolo teatrale “Sante Pollastri – Un Brigante al Giro D'Italia”: la storia del bandito di Novi Ligure e del suo concittadino Costante Girardengo, noto campionissimo di ciclismo. Una storia giunta ai giorni nostri grazie anche ad un altro Grande, della musica stavolta, Francesco De Gregori.

Così l'attore e regista Mario Mascitelli ha deciso di far conoscere la vicenda di Sante, in uno spettacolo di narrazione di grande suggestione.

Non si conosce esattamente la ragione per cui Sante Pollastri (o Pollastro, come veniva chiamato nei rapporti giudiziari e come egli stesso si firmava) divenne acerrimo nemico dei Carabinieri: forse l'uccisione di un parente da parte loro (un cognato che con lui stava fuggendo dopo aver svaligiato un appartamento), o quella di un fratello prelevato per presentarsi alla chiamata alle armi sebbene gravemente ammalato, e poi morto in caserma; qualunque sia la causa, divenne nemico pubblico numero uno, e nella sua vita di latitante uccise una quindicina di Carabinieri.

Pressoché sconosciuto in ambito nazionale (la censura fascista limitava fortemente la cronaca), divenne una celebrità in ambito locale. La sua figura divenne protagonista di racconti, spesso leggendari, come quella del maresciallo dei carabinieri che impazzì per la paura. La sua carriera di brigante ebbe termine a Parigi, dove fu arrestato in seguito a delazione. Tra i nomi del traditore, fu annoverato lo stesso Girardengo: i due amici si erano sempre mantenuti in contatto, la passione per la bicicletta portava Sante ad ogni gara dove corresse Costante, e quel giorno a Parigi c'era anche l'Omino di Novi. Molto probabilmente, in realtà,fu una donna a denunciarlo, forse quella che stava con lui. Condannato all'ergastolo, fu inviato a scontare la pena a Porto Azzurro. Fu graziato dopo la guerra, e passò il resto della vita praticando l'attività di commerciante ambulante.

"Non ho mai suonato così bene come adesso, non ho mai cantato con tanta gioia di cantare. Forse per questo fino a ieri (con ben tre album "live" contemporanei nel 1990), non avevo fatto dischi dal vivo. Penso che ora ne farò un altro: sto registrando tutti gli ultimi concerti, e se il materiale sarà buono, uscirò entro l'anno con l'album. Ci sarà anche l'unica canzone inedita del tour, scritta da mio fratello Luigi Grechi: Il bandito e il campione, che parla della storia vera di due amici, Costante Girardengo e Sante Pollastri, l'uno campione di ciclismo, l'altro rapinatore in bicicletta degli anni Trenta". DE GREGORI: MAI AVUTO TANTA GIOIA DI CANTARE - LA REPUBBLICA - 4 FEBBRAIO 1993 – DI GIACOMO PELLICCIOTTI)

 

Babele dedica la serata alla poesia

Su RaiTre, alle 22.50, Luzi, De Gregori e Attilio Bertolucci - la Repubblica - Domenica, 28 marzo 1993 - pagina 43

LE PASSIONI, LE PAURE, I DESIDERI: le nostre storie private e la nostra storia pubblica stasera sono raccontate a ' Babele' , il programma dedicato ai libri, condotto da Corrado Augias, in onda alle 22.50 su RaiTre, attraverso la poesia. Con due grandi protagonisti della poesia italiana, Attilio Bertolucci e Mario Luzi, intervengono molti altri giovani poeti, che rappresentano le voci più significative della lirica italiana. Con Aldo Busi, ancora una volta ospite della trasmissione, si ricorderanno invece le poesie conservate nella memoria scolastica, quelle che difficilmente, a distanza di anni, vengono dimenticate. Ospiti nello studio-libreria di ' Babele'anche Francesco De Gregori, che affronterà il rapporto tra poesia e canzone d'autore, e Simona Marchini, grande appassionata di musica lirica, che invece parlerà del melodramma.

 

 

 

 

(Enzo Jannacci)

 

C'è un fiore di campo che è nato in miniera
per soli pochi giorni lo stettero a guardar.
Di un pianto suo dolce sfiorì in una sera,
a nulla le nere mani valsero a salvar.

Sfiorisci bel fiore, sfiorisci amore mio
che a morir d'amore c'è tempo lo sai.

E un dì un bel soldato partiva lontano
fu solo per gioco che lui ti baciò.
Piangesti stringendo la fredda sua mano
lui rise con gli altri e il treno via andò.

Sfiorisci bel fiore, sfiorisci amore mio
che a morir d'amore c'è tempo lo sai.

C'è laggiù in un prato una bella dormente,
ma neanche un tuo bacio svegliarla potrà.
Morì disperata ma il viso è gaudente,
chi passa vicino di lei riderà.

Sfiorisci bel fiore sfiorisci amore mio
che a morir d'amore c'è tempo lo sai.

C'è odore di cibo quest'oggi nell'aria
che la pioggia cancella ma presto tornerà
Qui spezzerò il mio pane e starò ad aspettare
la pelle mia nera chi mi rinfaccerà

 

 

 

 

E' venuto questa sera a darmi il benvenuto a Milano, una persona che mi ha insegnato come si scrivono le canzoni, un amico mio e di voi tutti: Enzo Jannacci!... e noi ci permetteremo stasera di cantare insieme una canzone che non abbiamo mai cantato insieme prima... (sfiorisci bel fiore) Jannacci -questo è uno dei più bei concerti che ho visto nella mia breve carriera... mi rompe anche un po' i coglioni il fatto che ci sia uno più bravo di me in giro..

 

 

 

 

 

 

Anche De Gregori sa sorridere

la Repubblica, 6 luglio 1993 - dal nostro inviato GINO CASTALDO

E' partita da Pescara la tournée estiva del cantautore, che ha la brava Angela Baraldi come supporter. Con grinta e ironia torna a raccontarci l'Italia alla deriva

PESCARA - Chiamatemi Francesco: così potrebbe iniziare il concerto di De Gregori, specie di Ismaele dei nostri tempi, grande narratore dell'Italia dei disastri e della cattiva coscienza. E' lui del resto che con la saga del Titanic ha costruito una delle più belle allegorie di cui sia stata capace la nostra canzone d'autore. E se la proverbiale nave riunisce in sé l'immagine di una società che va incoscientemente verso la tragedia, allora l'immenso iceberg visto troppo tardi dal capitano Smith, vale la balena bianca di Achab. Al debutto del suo nuovo tour, davanti alla curva gremita dello stadio pescarese dove tantissimi anni fa si celebrarono i fasti di Banana Republic, De Gregori ha ricordato la sua evocativa profezia del Titanic con la canzone omonima, e con l'altra stupenda I muscoli del capitano, canzoni che di fronte allo sfascio di cui siamo oggi testimoni assumono un peso speciale, un'oscura e veritiera forza disuggestione. Ma in fondo lo stesso discorso vale anche per Generale, Viva l'Italia e tanti altri pezzi dove si avverte la stessa voglia di raccontare i contorni di un destino collettivo. Se mai una canzone è stata davvero visione poetica di segmenti della nostra storia lo dobbiamo proprio a De Gregori e a pochi altri, come ci ricorda questo suo nuovo concerto. Preceduto da una coraggiosissima Angela Baraldi, che gli farà da supporter per questo tour e che ha affrontato con grinta, impudenza e spavalderia il pubblico che aspettava il suo beniamino, De Gregori ha attaccato il suo concerto con esuberante autorevolezza. Chissà se per gli umori di una serata o perché questo è il nuovo segno della sua performance, sta di fatto che De Gregori ha riso, ha fatto dell'autoironia rispolverando antiche polemiche ("ora vi canterò una canzone del mio periodo ermetico", presentando Alice), ha modificato con arguzia e fantasia le sue melodie, a tratti è sembrato perfino vezzoso, qualche volta scherzosamente sguaiato (come quando ha cantato da vagabondo ubriaco Povero me), e poi generoso, attento a comunicare ma anche a divertire, forte di una carica spettacolare che raramente abbiamo visto nei suoi concerti. Lontano da certi suoi periodi più bui e pacati, De Gregori ha dato l'impressione di divertirsi sul palco insieme alla sua band composta da musicisti solidissimi come Vincenzo Mancuso, Lucio Bardi, Guido Guglielminetti, Rosario Gagliardo, Orazio Maugeri e Chiara Catalfamo. Ma anche la scaletta è stata composta con una certa oculata sagacia. Prese le debite distanze dal suo ultimo disco in studio, il cantautore sembra più intenzionato a stimolare il pubblico sul suo nuovo imminente progetto live. Non ha cantato Vita spericolata, di cui si parla molto in questi giorni, ma ha proposto un'altra celebre cover che di tanto in tanto ricorre nei suoi concerti, ovvero Anche per te di Battisti, cantata in modo assolutamente delizioso, intenso, in una bella fase del concerto in cui esce da solo con chitarra e armonica a bocca e infila una dopo l'altra A Pa' , Rimmel, Pezzi di vetro e per l'appunto Anche per te, mandando in brodo di giuggiole i suoi fans. Grazie alla grinta di cui dispone oggi, verrebbe voglia di rendere omaggio soprattutto al De Gregori cantante, che col tempo sta maturando una sofisticata originalità nell'interpretazione. Forse proprio perché soprattutto autore di canzoni, la sua attenzione alla parola cantata è raffinata e sempre ricca di sfumature. Il concerto scorre tra vecchie e nuove canzoni, con l'eccezione del nuovo pezzo Il bandito e il campione scritto alcuni anni fa da suo fratello Luigi Grechi, che De Gregori canta come una ruggente ballata in perfetto stile dylaniano, ma al di là della brillante energia con cui oggi si esibisce in concerto, lo scarto tra i pezzi del passato e quello degli ultimi due album rimane piuttosto vistoso. Curiosamente, proprio perché dotati di maggior senso della cronaca, quelli recenti rischiano di apparire più datati di quelli vecchi, come accade ad esempio per La ballata dell'uomo ragno, dove riferimenti a Craxi risentono di un'inevitabile effetto di saturazione. Cosa che non accade nelle canzoni migliori, vedi La storia, Quattro cani o altre, dove De Gregori riesce in quel piccolo miracolo è una canzone quando che restituisce poeticamente il senso della nostra identità collettiva. Il tour continua l' 8 ad Albenga, il 10 a Correggio, il 13 a Frascati e il 30 a Cagliari per citare solo alcune delle prossime date.

 

 

 

 

(Vasco Rossi)
 
Voglio una vita maleducata
Di quelle vite fatte fatte così
Voglio una vita che se ne frega
Che se ne frega di tutto siiii
Voglio una vita che non è mai tardi
Di quelle che non dormono maaai
Voglio una vita
Di quelle che non si sa maaai
E poi ci troveremo come le Star
A bere del whisky al Roxy Bar
O forse non c'incontreremo mai
Ognuno a rincorrere i suoi guai
Ognuno col suo viaggio ognuno diverso
Ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi
Voglio una vita spericolata
Voglio una vita come quelle dei films
Voglio una vita esagerata
Voglio una vita come Steve Mc Queen
Voglio una vita che non è mai tardi
Di quelle che non dormi maiii
Voglio una vita
La voglio piena di guaiii
E poi ci troveremo come le Star
A bere del whisky al Roxy Bar
Oppure non c'incontreremo mai
Ognuno a rincorrere i suoi guai
Ognuno col suo viaggio ognuno diverso
Ognuno in fondo perso
Dentro i fatti suoiVoglio una vita maleducata
Di quelle vite fatte cosìììì
Voglio una vita che sene frega
Che se ne frega di tutto siiii
Voglio una vita che non è mai tardi
Di quelle che non dormi maiii
Voglio una vita
Vedrai che vita vedraiii
E poi ci troveremo come le Star
A bere del whisky al Roxy Bar
O forse non c'incontreremo mai
Ognuno a rincorrere i suoi guai
E poi ci troveremo come le Star
A bere del whisky al Roxy Bar
Oppure non c'incontreremo mai
Ognuno a rincorrere i suoi guai
Voglio una vita spericolata........
Voglio una vita maleducata........
Voglio una vita esagerata........
Voglio una vita esagerata........

 


 

 

De Gregori, non solo

la Repubblica, 31 agosto 1993 - di GINO CASTALDO

'Il bandito e il campione', quarto disco dal vivo del cantautore, con due 'cover'. Ed ora canta anche Vasco e Jannacci

AI dischi dal vivo ci ha preso gusto di recente anche Francesco De Gregori, dopo una lunga carriera vissuta facendone tranquillamente a meno. L'unica eccezione era il glorioso Banana Republic, memore di una celebre tournée in compagnia di Lucio Dalla, fino al settembre del 1990, quando a sorpresa De Gregori pubblicò insieme ben tre album dal vivo. Non pago, a meno di tre  anni di distanza se ne esce con Il bandito e il campione (ed. Sony), nuova testimonianza della dimensione live del cantautore, che negli ultimi tempi si è gettato a capofitto nei concerti, dimostrando una rinnovata voglia di confrontarsi col pubblico, a tratti più seriosamente, altre volte con notevole verve, come è accaduto negli spettacoli di questa estate. Il nuovo album vanta alcune curiosità di un certo interesse, a partire da un inedito registrato in studio (vezzo ormai convenzionale tipico esclusivamente della discografia italiana) ovvero la title track Il bandito e il campione, scritta dal fratello Luigi Grechi, anche lui cantautore e piuttosto conosciuto nei circoli underground della canzone, anche se ovviamente molto meno fortunato del suo più celebre fratello. E'una bella canzone, nel più puro stile tradizionale della ballata, basata sul confronto parallelo tra le storie, vere, di Costante Girardengo e Sante Pollastri, amici di infanzia e poi diventati il primo grande campione di ciclismo e il secondo un bandito, una di quelle storie care a De Gregori, dalle quali dovrebbe emergere un pezzo visibile della storia del nostro paese. Ma agli appassionati del cantautore farà sicuramente piacere trovare in questo album ben due "cover" che di tanto in tanto De Gregori usa regalare al suo pubblico. La più singolare è certamente Vita spericolata, nella quale De Gregori fa addirittura il verso a Vasco Rossi cantando nel tono sguaiato che la canzone opportunamente richiede. La più encomiabile è invece Sfiorisci bel fiore, splendida e poco conosciuta canzone di Enzo Jannacci, che ben merita una riscoperta così prestigiosa. Cover nelle quali De Gregori, come sosteniamo da anni, si rivela un eccellente interprete. Curioso, casomai, che anche questa volta non abbia inserito Anche per te di Lucio Battisti, di cui spesso dal vivo fornisce una struggente e delicata interpretazione. E non si tratta solo di pure bizzarrie. In fondo la canzone italiana, tra i tanti suoi vizi, ha sempre peccato in un certo individulismo, nell'incapacità di vivere la musica in tutta la sua potenziale bellezza, il che significherebbe anche per un autore, guardare con intelligenza e passione a quello che di importante viene fatto da altri, atteggiamento di cui i brasiliani sono notoriamente maestri. Ben vengano dunque questi incroci, con De Gregori che offre la sua speciale versione di Vasco Rossi e Jannacci, in attesa che magari questi ultimi facciano lo stesso. Il disco contiene in tutto 19 brani, e oltre ai già citati, ripercorre alcuni degli episodi salienti della storia artistica di De Gregori, da Viva l'Italia a I muscoli del capitano, ancora oggi così efficacemente aliena nelle sue immagini di antico futurismo, da Generale a Quattro cani, da Rimmel a Buonanotte fiorellino, più, come è doveroso, alcuni pezzi dell'ultima ora, tipo La ballata dell'uomo ragno e Adelante! Adelante! Ancora un documento dal vivo per un cantautore che col tempo sembra aver imparato anche a divertirsi nei concerti. Che del resto non si fermano. Fra pochi giorni De Gregori sarà di nuovo in giro, in una mini-tournée che toccherà le maggiori città italiane: agosto il 7 a Milano (Palatrussardi), il 10 a Roma (Palaeur), l' 11 a Bologna (Festa de l'Unità), il 13 a Torino (Palasport) e infine il 14 a Verola Nuova in provincia di Brescia.

 

 

 

CHI ERA SANTE POLLASTRI?
Alla fine del novembre 1922 a Teglia, in Val Polcevera, presso l'Osteria della Salute, in un conflitto a fuoco cadevano un maresciallo dei regi carabinieri e il poeta Renzo Novatore (Abele Riccieri Ferrari) nato in una frazione del comune di Arcola nel 1890, già arrestato nel 1910 per l'incendio d'una chiesa e condannato a morte nel 1918 per diserzione. Nel primo dopoguerra Novatore si era unito al bandito anarchico Sante Pollastrio, che sarà in seguito denominato dalla stampa borghese come "il Jules Bonnot italiano". Insieme essi compiono diverse azioni e intraprendono numerosi tentativi insurrezionali.
L'operazione poliziesca doveva portare all'arresto di Pollastrio (a volte è riportato come Pollastro o Pollastri), di Novi Ligure, un bandito anarchico alla cui banda Novatore si era legato l'estate precedente. Il 14 luglio i rapinatori avevano preso di mira il cassiere di una banca tortonese il quale, dopo un tentativo di resistenza, veniva colpito a morte. Sante Pollastro riusciva a fuggire e riparava all'estero. Estradato in Italia, gli vennero inflitti diversi ergastoli. Al processo intervenne come testimone anche Costante Giradengo suo amico d'infanzia e corridore ciclista, concittadino del bandito (Pollastro l'aveva contattato a Parigi e gli aveva rilasciato una dichiarazione che avrebbe dovuto scagionare il Novatore riguardo all'omicidio). Sante Pollastro morirà poi nel 1979.

 

Luigi Grechi: 'Non canto con mio fratello De Gregori perché sono come lui'
 Rockol.it
Ha lo sguardo da duro Luigi Grechi, ma sono bastate poche parole durante l'incontro con Rockol per capire, in realtà, quanto sia un uomo e un artista sereno. Per molti è solo il fratello di Francesco De Gregori, ma per chi ha ascoltato i suoi album, ultimo dei quali "Pastore di nuvole" pubblicato di recente dalla Sony Columbia, Grechi è il cantastorie dai suoni semplici, quasi country, da sempre schivo all'uso dell'elettronica. Per descriversi come artista, a lui è sufficiente una sola parola: "Folkstudio", dice senza esitare, "la risposta a chi sono io è tutta lì. L'evento fondamentale della mia vita è stato proprio quel circolo romano che a metà degli anni '60 ha visto nascere tanta musica. Tutti i cantautori detti della scuola romana sono passati da lì, ma da lì è passata anche musica da tutto il mondo, da Dylan a Ravi Shankar, ai sudamericani, a ricercatori del folklore italiano...". Cresciuto a pane e musica cantautorale americana, Grechi preferisce, però, non definire country le sue canzoni, seppure chiaramente ispirate al folk americano: "Lo trovo un po' stretto come
termine, anche perché country è in inglese mentre in italiano diventa un'altra cosa, il fraseggio cambia perché la lingua è diversa, quindi non lo chiamerei country. Le parole, gli argomenti, i pensieri sono tutti italiani, le sonorità sono country sì, ma le trovi qua e là in tutta la musica leggera internazionale". Poi si rende conto che ogni definizione per la sua musica gli va stretta e dice arrendendosi: "Certo se non è pop e si deve metterlo in un cassetto, lo si mette per forza in quello del country". Stabilito questo, Grechi ci racconta di essere un grande osservatore di se stesso e degli altri, per questo le sue canzoni, da "Venti gradi sotto zero" a "Stivali e tequila" a "Le vespe", raccontano spaccati di vita, "spesso non sono storie mie, ma racconti che si possono sentire dalla gente", dice. Ascoltando l'album ne esce il profilo di un gran viaggiatore, ma lui smentisce e confessa: "No, ho viaggiato solo un po', c'è gente che ha viaggiato molto più di me. Le mie influenze sembrano provenire da lontano, ma il mio disco e il mio modo di fare musica sono italiani". Nell'album "Pastore di nuvole" c'è anche una cover di Tom Russel, "Ma che vuoi da me", traduzione del brano "What do you want": "E' un pezzo che mi piace molto, di Tom Russel ho già tradotto in passato altri brani. Ho scelto questo perché era un pezzo molto facile da tradurre, che veniva molto bene, ma se mi lasciassi andare, tradurrei tutte le sue canzoni, ma poi diventerebbe una cosa molto meccanica e non mi va". A suonare l'armonica in questo pezzo (e la clavietta su "Venti gradi sotto zero") è suo fratello, Francesco De Gregori: "Gliel'ho chiesto io, molto semplicemente, perché a suonare l'armonica e la fisarmonica in tutti gli altri pezzi è Daiana Sciapichetti, ma su questo brano volevo che suonasse Francesco, perché so che poteva farlo bene e così è stato, al primo colpo ha fatto quello che volevo io". Nonostante questa grande stima, di collaborazioni tra i due artisti se ne contano poche in realtà, anche se un precedente per auspicare una nuova intesa artistica c'è, è la famosa "Il bandito e il campione", diventata nel tempo una delle canzoni simbolo di De Gregori: "E' una canzone mia", dice, "che lui ha deciso di cantare come avrebbe potuto farlo chiunque altro. Poi anch'io ho cantato canzoni sue nei miei primi due vinili, negli anni '70, si tratta di canzoni che lui non ha mai eseguito. Poi abbiamo anche scritto una canzone insieme ma in tempi diversi, si intitola 'Dublino', è una sua canzone alla quale io ho cambiato alcune parole e ritoccato la musica. Più che una collaborazione è stato uno scambio". Da allora, però, gli unici incontri tra i due fratelli si sono avuti sul piano privato: "Artisticamente no", spiega Grechi, "perché io sono come lui e lui ha bisogno di persone diverse, di strumentisti, di solisti, mentre io sono uno che canta la prima voce e che suona la chitarra d'accompagnamento, quindi sarei un suo doppione. E' proprio come se suonassimo lo stesso strumento". E a livello autorale? "Io non so come si fa a scrivere una canzone in due e lui non ha bisogno che io gli scriva delle cose, perché se le scrive da solo, non sente questo bisogno, che è tipico del cantante puro. Una persona che canta ha bisogno di autori, come Fiorella Mannoia, per esempio, lei è un'interprete di cantautori, quindi lei cerca testi e chiede ai suoi autori preferiti di scrivere un pezzo per lei, ma un autore non chiede a un altro autore 'scrivimi qualcosa', sarebbe come dire 'io non sono più capace di farlo'". (2 giu 2003)

 

 

 

Marco Ventura Il campione e il bandito La vera storia di Costante Girardengo e Sante Pollastro

«Ma nella storia del bandito e del campione c’è questo di bello, che è la storia di due personaggi che non vivono solo nella dimensione del mito, ma fanno parte della quotidianità della gente. Il bandito catturato si arrende e vive la vita del detenuto modello. Il campione caduto sorseggia il caffè al Caffè Teatro di Novi Ligure, siede a parlare di ciclismo perché il ciclismo – per i novesi – è pane quotidiano, riceve gli amici in campagna perché la campagna è l’inizio e la fine della storia. Anche la bicicletta è l’inizio e la fine della storia, la bicicletta che “non muore mai”...»

L’Italia degli anni venti, quella della povertà, della fame vera, dei contadini e dei fuorilegge. Il paese delle biciclette, metafora di un mondo nuovo che si affranca dalla miseria. Quando il Giro d’Italia teneva col fiato sospeso. Due ragazzini di provincia come tanti: Costante Girardengo e Sante Pollastro vivono puntando sui pedali. Girardengo in sella alla sua bici pedala e vince, all’inizio per un piatto di minestra, poi per uno stipendio «da prefetto», e si conquista in pochi anni il titolo di campionissimo. Su due ruote Sante ruba e spara, toglie ai ricchi, dà ai poveri, centra i lampioni per farsi il buio alle spalle. Nel malfamato Borgo delle Lavandaie lo considerano una specie di benefattore, malgrado gli arresti, gli ergastoli, la latitanza. Un filo invisibile e misterioso li legherà per sempre, e li terrà in contatto anche da molto lontano. Il campione e il bandito. Chissà se è stato Girardengo a tradire Pollastro. Se si sono incontrati davvero al Velodromo d’Inverno di Parigi, quando Costante era già il ciclista spregiudicato e Sante il più famoso ribelle anarchico negli anni del fascismo. Nel libro di Marco Ventura la vita diventa leggenda e la biografia si trasforma in romanzo. Ma quella del bandito e del campione è soprattutto una bella storia, di anni duri e di riscatti, di tristezze e splendori. Attraverso un minuzioso lavoro di ricerca, fondato su documenti e testimonianze, Il campione e il bandito ci racconta una favola: quella di un’amicizia densa di ombre, immortalata dalla canzone di Francesco De Gregori, e quella di un’Italia che non c’è più ma che ha ancora tanto da dire.

 

 

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