CD2
Una città per cantare - I treni a vapore - Alice - Quando - Oh, che sarà - Napul'è - Generale - Vorrei incontrarti fra cent'anni - Un cielo senza nuvole- Che soddisfazione - Non abbiam bisogno di parole - Piazza Grande - Il tempo non torna più - Viva l'Italia - Je so pazzo  
 

CD 2
La donna cannone - Sally - Non sono un cantautore - Chissà se lo sai - Quello che le donne non dicono - Sei volata via - Joe temerario - La storia - Niente da capire - Bufalo bill - Oh che sarà (version 2)  

 

  

 

Fiorella Mannoia

VOCE

Pino Daniele

VOCE, CHITARRA

Francesco De Gregori

VOCE, CHITARRA

Ron

VOCE; CHITARRA

Alessandro Arianti

POLYMMOG, MINIMOOG, MELLOTRON

 

Alessandro Svampa

BATTERIA

 

 

Marco Rosini

MANDOLINO

Lucio Bardi

CHITARRA

Guido Guglielminetti

BASSO

Paolo Giovenchi

CHITARRE

 

Società, ecc. Copyright (c) – RCS Quotidiani S.p.A. Phonographic Copyright (p) – Blue Drag Srl. Copyright (c) – Blue Drag Srl. Distributed By – Sony Music Entertainment (Italy) S.p.a. Riconoscimenti Backing Vocals – Piera Pizzi Bass – Pier Michelatti Bass, Backing Vocals – Guido Guglielminetti Double Bass – Rino Zurzolo Drums – Lele Melotti Drums, Percussion – Alessandro Svampa, Elio Rivagli Edited By [Digital] – Fabio Massimo Colasanti, "Giamba" Lizzori* Electric Guitar – Lucio Bardi, Paolo Giovenchi, Piero Fabrizi Executive Producer – Ferdinando Salzano, Pino Daniele Graphics – Sergio Pappalettera, Studio Prodesign Graphics [Assistant] – Acqua Cristina Cosci, Elide Arosio, Tiziana Granata Guitar, Vocals – Andrea Pistilli Management [Business Affairs] – Roberto Dané Management [Organizzazione Blue Drag] – Alessandro Daniele Mandolin – Marco Rosini Mastered By – Nick Watson Mixed By – Fabrizio Facioni (tracks: 2-6, 2-7, 2-9), Gregg Jackman (tracks: 1-1 to 2-1, 2-8, 2-11), Renato Cantele (tracks: 2-2 to 2-7, 2-9, 2-10) Organ [Hammond] – Toto Torquati Photography By – Giovanni Canitano Piano, Keyboards, Organ [Hammond] – Alessandro Arianti, Luca Scarpa Producer – Piero Fabrizi (tracks: 2-2 to 2-7, 2-9, 2-10) Producer [And Idea] – Pino Daniele Vocals, Acoustic Guitar, Harmonica, Whistle – Francesco De Gregori Vocals, Acoustic Guitar, Piano, Keyboards – Rosalino Cellamare Vocals, Guitar [Frame], Keyboards [Additional] – Pino Daniele Vocals, Percussion, Acoustic Guitar – Fiorella Mannoia

 

Registrato in Arena di Verona ed Arena Parco Nord di Bologna al "White Mobile live recording studio" di Amek&Vanis.  Track 2-11 registrato Sound Check di Verona il 20 settembre 2002. CD 1 Mixato al Blue Drag Studio-Roma, CD 2 Mixato al S.D.R. Studio Roma.  Masterizzato al Sanctuary Studios London.

 (P) & (C) 2002 Blue Drag Srl.  © 2003 RCS Quotidiani Spa - available exclusively with "Corriere della Sera" newspaper.

 

  

 

 

 

 

 

Un disco per dimostrare che ''quando si ha coraggio di mettersi insieme si possono fare cose entusiasmanti. Anche senza bisogno di andare in televisione''. Pino Daniele presenta cosi' 'Live', il cd dal vivo che esce domani nei negozi, risultato della trionfale tournee tenuta la scorsa estate assieme a Francesco De Gregori, Fiorella Mannoia e Ron. ''All'inizio del tour -confessa Daniele che produce il cd- non volevamo fare un cd, avevamo solo voglia di andare in giro a cantare insieme. Poi dopo una ventina di date e tanto entusiasmo del pubblico ci e' sembrato un peccato lasciare che questa esperienza finisse cosi', senza neanche una testimonianza. ESCE IL DISCO CON DE GREGORI, MANNOIA, DANIELE E RON - ROMA, 22 NOV. 2002 - (ADNKRONOS)

 

 

I quattro moschettieri della canzone (Verona – settembre 2002)

L’acqua incessante non annulla del tutto l’appuntamento di ieri sera in Arena: la musica si avvia ma alle 22.45 il programma deve interrompersi fra la delusione del pubblico

La pioggia dimezza il concerto. Pino Daniele re della serata, Mannoia la regina

Pioggia o no, l’effetto è immediato. L’idea originaria di Pino Daniele si visualizza subito, appena inizia il concerto, tra le maglie dell’acqua che scende, sullo sfondo di mille lumini baluginanti: sono tutti e quattro già lì, allineati sul palco dell’Arena, tutti soli, con tre maschie chitarre acustiche, in un gioco intrecciato di voci e di seconde voci, dentro la loro città per cantare (la canzone di Jackson Browne tradotta da Ron che apre la serata), a viaggiare in musica sui treni a vapore di Fiorella, con Alice e con Quando, davanti a cinquemila persone bagnate, venute, chissà, per uno solo di loro o forse due, o tre, o magari proprio per vedere l’effetto combinato di tutti e quattro insieme, come se questo potesse produrre una valenza ulteriore rispetto alla caratura di ciascuno. E un quid in più si coglie indubbiamente e immediatamente, non fosse altro per la pura curiosità di vedere "l’effetto che fa", di capire come possano interagire tra loro quattro personaggi che fino a ieri avremmo giurato diversi tra loro: Pino Daniele, Francesco De Gregori, Fiorella Mannoia e Ron.

In buona parte, però, l’attesa rimane delusa, ma solo per colpa della pioggia. Il palco, incredibilmente, non è coperto; in qualche modo si cerca di riparare gli strumenti ma non le teste (e le voci) degli artisti, e i quattro moschettieri resistono per un bel pezzo benché l’acqua non molli un minuto. Alle 22.30 la situazione precipita (è proprio il caso di dirlo), ed è il momento clou della scaletta: prima con la Mannoia e poi con Daniele, De Gregori doveva totalizzare un’infilata magica di quattro pezzi da novanta, ovvero La storia, Il cielo d’Irlanda, Napule è e Generale. Sopravvivono solo la prima e la terza, si saltano a piè pari gli interi interventi riservati a Ron e a De Gregori, si passa direttamente al gran finale a quattro, acustico come l’inizio. Ma non c’è nessun gran finale: gli strumenti saltano, la deconcentrazione è totale, i quattro imbastiscono in qualche modo Il tempo non torna più e Je so’ pazzo , e alle 22.45 mollano l’osso. Il pubblico, soprattutto quello di De Gregori, resta deluso, prende atto, qualcuno grida "buffoni", ma i quattro protagonisti non lo meritano. E almeno i due artisti che la pioggia ha privilegiato perché collocati nella prima parte, Pino Daniele e Fiorella Mannoia, hanno dato il meglio di sé.

L’idea di questa tournée, si diceva, è stata di Pino Daniele: perché non riunire insieme alcuni campioni della canzone d’autore per un unico evento che li vedesse collaborare tra loro, entrare ciascuno nel gioco nell’altro? In Brasile questa è ordinaria amministrazione, e i cantautori brasiliani sono tra i più grandi del mondo. Bella idea, dunque, anche se a volte qualcosa ci è sembrata un po’ forzata, e certi agganci reciproci un po’ appiccicati. Tutto sommato, è la personalità rotonda di ciascuno che alla fine emerge, che si afferma e si deposita. E poiché le personalità sono tutte di prima riga, il concerto era comunque ghiotto.

 

Ma se un re della serata c’è stato, sarà anche merito della pioggia che gli ha lasciato più spazio, comunque questi certamente è Pino Daniele. Daniele comunica con le parole ma anche con lo stesso suono che il suo canto produce: vocalizzi primitivi, respiri, melismi arabeggianti, sperimentalismi, scat. La voce ha un timbro particolarissimo, in certe zone è persino afona, eppure sottilmente tagliente, penetrante. Il canto continuamente svia, giocherella, si leva in frammenti urlati e subito troncati, finge di improvvisare, modula struggenti tiritere o si scompone. La voce arpeggia, sussulta e saliscende come fosse essa stessa la chitarra. Ma contemporaneamente e analogamente Daniele usa anche lo strumento: culla la chitarra in una barcarola cantilenante o in un lontano flamenco, poi la trascina fino a strapparla, a spezzarne le linee, a sballottarla tra urti violenti ed evanescenti cuscini. E la chitarra lo segue docile, trotterella, sprofonda, accelera in velocità o si ostina in mezzofondo. Oppure scrive melodie pulite, ben segnate, ma appena le melodie sono aperte, comincia a tratteggiarle, a sfasarle in jazz, a spezzettarle in cambi di ritmo, a trasformarle in swing o in blues. Sulla chitarra le dita vanno davvero a percorrere le strade del mondo e dell'amore con spensierata dolcezza. Sono le sue canzoni di musica e d'amore, canzoni innamorate, tenere, fresche nella loro immediatezza incantata.

Dopo il set di Daniele la bellissima Sally d i Vasco Rossi ha aperto quello di Fiorella Mannoia, l’altra grande protagonista della serata: malinconico ritratto di una donna provata che vaga con apparente indifferenza, ma ancora vitale nell'intimo. La selvaggia irrequietezza di Vasco, così diverso da lei, o la stessa struttura della canzone, più sfuggente e indeterminata com'è nella natura dell'autore, scava in Fiorella un'emotività più turbata e infantile del solito. Disinvolta, giovanile, alta e snella nei suoi jeans, Fiorella resta comunque nel  panorama italiano l'interprete più impeccabile, più diligente, più precisa. Il suo repertorio è rigorosamente frutto di una primissima scelta centellinata nella produzione di alcuni tra i più grandi autori italiani. La sua lettura è nitidissima, sdrammatizzata, intimamente sempre un pochino distaccata. La convinzione del canto, la tenuta perfetta dei tempi e dell'intonazione, la pulizia meticolosa della pronuncia, il timbro e il piglio un po' maschili, riconducono l'ascolto a una specie di astrazione, di fatalismo, di distanza dai turbamenti della vita.

Il set della Mannoia finisce alla grande con l’apparizione del Principe, anzi del Generale come dice lei, con cui Fiorella intona La storia , per poi "cederlo" all’ingresso di Daniele per Napule è... Il successivo siparietto di Ron, come s’è detto, salta, come salta il momento "solo" di De Gregori. Elegante, aristocratico, De Gregori fa comunque in tempo a sprigionare la sua solita carica erotica dolce e virile nello stesso tempo. La voce purtroppo si è stretta, si è fatta più querula, ma è il suo personaggio insieme signorile e disinvolto che avvince.

Solo con i titoli che De Gregori avrebbe dovuto cantare ( Niente da capire, Bambini venite parvulos, Compagni di viaggio, Sangue su sangue, La donna cannone, Buffalo Bill ) il concerto sarebbe stato già fatto, potevano bastare quelli... Stiamo scherzando. A dispetto della pioggia, a dispetto del primo giorno d’autunno, è comunque un piacere, una consolazione, sentire che esiste pure un’Arena che si scuote e si commuove per i veri capolavori, che batte le mani non per il Festivalbar ma per la piccola grande poesia delle belle canzoni.

Enrico de Angelis

 

 

 

 

 

 

Dal 13 novembre in libreria: "Quello che non so, lo so cantare" storia di Francesco De Gregori.

Enrico Deregibus - Giunti editore

 

Dopo la morte di Fabrizio De Andrè, De Gregori è probabilmente il cantautore italiano più rappresentativo ed amato. A distanza di più di trent?anni dagli esordi discografici, gli album dell?artista romano continuano ad avere eccezionali risultati di vendite ed una crescente attenzione da parte di mass media ed intellettuali.

Il volume segue il percorso della vita e delle canzoni di De Gregori, sin dai primi anni Cinquanta, con una narrazione incalzante, ricca di aneddotica e dovizia cronologica. Si va dai concerti nei localini romani ad Alice, la prima canzone ad avere significativi risultati di vendite; dallo storico exploit di Rimmel, album che ha sensibilmente modificato la storia della nostra canzone, alle contestazioni subite a metà degli anni Settanta (per la prima volta raccontate in modo esaustivo); dal ritorno con Generale alla indimenticabile tournée con Lucio Dalla nel 1979; dal capolavoro di "Titanic" agli enormi riscontri commerciali de La donna cannone; dalle opere degli anni Ottanta e Novanta, che raccoglievano brani come La storia, Bambini venite parvulos, Il bandito e il campione, La valigia dell?attore sino alla produzione discografica e all?intensa attività dal vivo del nuovo secolo, compreso "Il fischio del vapore", l?album inciso con Giovanna Marini che ha riscoperto tesori misconosciuti della nostra canzone popolare.

Tutta la produzione di De Gregori viene analizzata brano per brano, facendo ricorso, nella maggior parte dei casi, a sue dichiarazioni d?epoca che spiegano le canzoni, la loro genesi e il loro destino.

Il libro si avvale di una notevole ricchezza di fonti, tra le quali un centinaio di scritti ed interviste del cantautore e una vastissima serie di testimonianze originali di Ernesto Bassignano, Edoardo De Angelis, Lilli Greco, Guido Guglielminetti, Gaetano Curreri, Mimmo Locasciulli, Fiorella Mannoia, Giovanna Marini, Sergio Martin, Ennio Melis, Vincenzo Micocci, Amedeo Minghi, Michele Mondella, Antonello Venditti, Libero Venturi, Renzo Zenobi, il Club Tenco e molti altri. Questo lavoro di documentazione permette di evidenziare molti aspetti sconosciuti dell?opera di De Gregori, portando fra l?altro alla luce canzoni inedite, in alcuni casi sorprendenti.

Il libro è inevitabilmente anche il racconto di oltre mezzo secolo di storia italiana, con riferimenti linkati alla vicenda biografica.

"Quello che non so lo so cantare ? storia di Francesco De Gregori" per la prima volta descrive a tutto tondo la figura artistica di Francesco De Gregori, offrendo un ritratto per molti versi inatteso di uno dei maggiori riferimenti musicali ed etici dei nostri anni.

"Cinquant?anni d?Italia raccontati attraverso la vita di Francesco De Gregori, messo a nudo nella più completa biografia sul suo conto mai pubblicata. Centinaia le interviste ad amici e colleghi (Venditti, Mannoia, Locasciulli & co.), commenti canzone-per-canzone, anno dopo anno" I.B. ? Max ? novembre 2003

Enrico Deregibus, 36 anni, risiede a Casale Monferrato. È vicedirettore de "L?Isola che non c?era", l?unico periodico dedicato alla canzone d?autore italiana, e collaboratore di numerose testate fra cui Kataweb, Rockol e CNN. Ha realizzato "La Ciapa Rusa - Diario di Bordo", saggio allegato all?omonimo CD del gruppo piemontese pubblicato da FolkclubEthnosuoni. Per Giunti ha redatto la parte biografica del volume "Belìn, sei sicuro? Storia e canzoni di Fabrizio De Andrè", a cura di Riccardo Bertoncelli.

 

 

 

TAORMINA (ME) - TEATRO GRECO – 10 AGOSTO 2002

IN TOUR CON MANNOIA, DANIELE E RON.

Andare a Taormina di sabato sera è già un problema; andare poi a vedere un concerto nel suo Teatro Greco in questi giorni della settimana diventa un’impresa ardua.

Anche partendo con largo anticipo da Catania il casello della nota località produceva una coda di tre chilometri e le auto in uscita dal casello erano già in salita pellegrina in direzione del grande parcheggio, peraltro già pieno, come comunicatoci via cellulare.

E’ già tardi. Insieme a moglie e amici prendiamo una geniale decisione: all’uscita dal casello scendiamo a Giardini Naxos e saliamo a Taormina con la funivia, nonostante il sottoscritto soffra di vertigini (Francesco, anche questo per te). E’ stato l’unico modo per arrivare in tempo al concerto. A quel punto altri possibili stratagemmi erano il possesso di un elicottero, il dono divino di saper volare, la residenza a Taormina o …. chiamarsi Berlusconi.

Entro e mi accomodo al mio posto (naturalmente Poltronissima). Il Teatro alle 21.30 è già stracolmo. Una marea umana faceva da collana a quel diamante che è il teatro antico, con il suo palco circondato da resti di colonne doriche e con le quinte squarciate al centro dello stesso in modo da spalancare in platea un panorama notturno mozzafiato. Uno spettacolo nello spettacolo. Al centro di quel diamante stavano per essere incastonati quattro smeraldi: De Gregori, Daniele, Ron e Mannoia. Un collier unico al mondo.

Allle 21.45, eccoli arrivare finalmente: La Roscia, il Lungo, il Corto e il Pacioccone. Daniele, Ron e Fiorella salutano il pubblico..  poi a seguire, come lo chiamano i suoi colleghi, arriva il Generale. Con un cenno della mano che vuol dire “salve a tutti” entra in scena con una bandana rossa in testa (stile Dylan a Woodstock) da farlo sembrare un pirata appena sbarcato sulle coste joniche. Anzi, per via della sua barba rosso-scozzese: il pirata “Francis Mc Gregor alla conquista della Trinacria”.

Cominciano subito insieme con “Una città per cantare”, “Quando”, “Alice”, “I treni a vapore” dove Ciccio saluta a modo suo il popolo siciliano modificando la strofa “delle città importanti mi ricordo Milano” con “delle città importanti mi ricordo Maalaanu” con un tipico accento siculo. Risata generale.

Dopo l’inizio insieme si è andati avanti senza Francesco con Pino Daniele che diceva “approffittiamo per fare questo pezzo, ora che il Generale e il suo sigaro non ci sono” e poi, senza sosta, con quattro piccoli concerti personali integrati da fugaci interventi di ogni artista con le rispettive band (quella di Ciccio era al gran completo, compreso Lucio Bardi) che suonavano a turno o tutti insieme per Pino, per Fiorella o per Ron. Era strano vedere Guglielminetti suonare il basso e cantare “Sei volata via” o Piero Fabrizi suonare la Telecaster di Ciccio. Insomma, grande armonia e collaborazione delle band per ottenere un ottimo risultato finale.

Pino Daniele indossava pantaloni e maglietta blu sulla quale mancava solo la scritta Texaco. Per via dei capelli bianchi, della sua mole, dei baffi e della sua carnagione ha ormai assunto l’aspetto di un attempato meccanico messicano di stanza in una stazione di servizio sulla Route 66, nei pressi dell’Arizona. Quando suonava quella sua strana chitarra sembrava stesse valutando con perizia la sorte della testata di una vecchia Ford Mustang ormai da rottamare nel deserto del New Mexico. Comunque grande Pino! con le sue “Sara”, “Napule” cantata con Ciccio, “Je so pazzo” ed altre di cui non conosco il titolo ha mandato in estasi la sua fetta di pubblico.

E’ il turno di Fiorella (vista da vicino è veramente una bella donna irlandese, degna della canzone scrittale da Bubola). Canta, sorride e si muove con disinvoltura agitando la chioma rossa che ogni tanto svolazzava sugli occhi verdi che guardavano sempre in alto, fino all’ultima fila. Durante “Quello che le donne non dicono”, “L’amore con l’amore si paga”, “Non sono un cantautore”, “O che sarà”, “Il cielo d’Irlanda”, “Sally” è perfettamente accompagnata da Fabrizi e stuzzicata da fugaci interventi del Pirata Barbarossa che gioca a fare il galante con lei: il baciamano, l’offerta della rosa rossa, l’abbraccio dopo “La storia”.

Devo dire che secondo le precedenti recensioni che ho letto in rete ho capito che la scaletta del concerto è quasi sempre la stessa, così come le battute di spirito e questi atteggiamenti “spontanei”. Quindi i quattro, come attori consumati, recitano ogni sera la stessa parte di un copione già scritto, con un ruolo ben definito per ciascuno di loro.

E’ la volta di Ron, secondo me il vero leader del gruppo per la sua abilità nel trascinare virtualmente il pubblico sul palco: incita, invita a cantare i ritornelli delle sue canzoni e si muove con una gestualità teatrale che coinvolge tutti gli astanti. E’ stato l’unico a far da portavoce del gruppo spiegando le ragioni che li hanno spinti alla realizzazione di questo tour, sottolineando che un esperimento del genere lo proietta anche davanti a un pubblico non suo che deve, per forza di cose, sentire e conoscere anche le sue canzoni.

I suoi pezzi: “Cambio stagione”, “Non abbiam bisogno di parole”, “Sei volata via”, “Canzone triste, “Vorrei incontrarti fra cent’anni”, “Joe Temerario” e “Piazza grande” cantanta con gli altri.

Ora sicuramente vorrete sapere di Ciccio. Diciamo che è sempre lo stesso. Da un po’ di tempo si diverte con pezzi roccheggianti come Sangue su sangue e la nuova Niente da capire, suonando la chitarra a gambe unite e con una tracolla che gli arriva troppo in basso, facendolo appena curvare come un elegante fenicottero. Poi credo che quasi quasi ci provi gusto a stravolgere le sue canzoni spiazzando anche la band, perché entra improvvisamente con la voce quando non è l’ora.

Sa che la gente vuole i classici. E via con Pablo, Generale, Rimmel e Buonanotte fiorellino cantata dando uno sguardo alla platea ed uno a un barrè metallico che non voleva saperne di collocarsi nel capotasto della sua chitarra. Comunque è sempre un grande. Vedrei un suo concerto anche se cantasse le canzoni dello Zecchino d’Oro.

Alla fine i bis finali (anche questi come da copione): “Je so pazzo” e “Viva l’Italia”. Ma durante l’ultimo bis, Bufalo Bill cantata in quattro, era veramente bello vederli cantare e suonare tutti insieme davanti a quel mare di mani che si agitavano, sotto stelle cadenti che si curvavano nel blu della notte per finire la loro corsa proprio su altre quattro stelle che brillavano in questa speciale notte di San Lorenzo.

Il concerto è finito alle 0.45. Siamo tutti soddisfatti. Questo tour resterà nella storia e un giorno in molti potremo dire “io c’ero”.

All’uscita dal teatro, senza dirlo a nessuno, vengo preso dalla voglia di andare a salutare Francesco, consapevole di dover affrontare il servizio d’ordine ma poi faccio rientrare i miei propositi pensando che mia moglie, stavolta, avrebbe preso in seria considerazione la richiesta di divorzio. Povera donna… ormai rassegnata ad essere il mio grande amore….dopo Francesco De Gregori.

Mimmo Rapisarda

(TO: RMS TITANIC - FROM: FORUM RIMMEL CLUB)

https://www.iltitanic.com/2023/084.jpg

...DIVERTIRSI E FAR DIVERTIRE...
La mia memoria è molto corta. In questo momento ho un lapsus sulle date.
Nel senso che il giorno prestabilito per il concerto qui a Genova noi eravamo lì, in prima fila, seduti comodi, uno scenario bellissimo, con il rumore del mare che ci faceva compagnia in attesa del "rumore" di strumenti e microfoni, poi ...è iniziato a piovigginare. Poi è iniziato a piovere, ci siamo armati di impermeabile, prontamente messo in vendita negli stand poco distanti dal palco.
L'impermeabile non è bastato! Un'acquazzone ci ha mandato tutti a casa fradici di pioggia e di dispiacere.
Si torna la sera dopo, che era il 16 o il 17 luglio 2002.
Sono passati quasi 2 anni, non ricordo i particolari, ma ricordo che è stato un concerto bellissimo.
Eravamo sempre in prima fila, questa volta il tempo ci ha graziato, sullo sfondo sempre il mare del "nostro" Porto Antico, precisamente su Ponte Parodi.
Ecco arrivano! Ecco entrano!! Ma dov'è Francesco De Gregori?!? Eccolo, era andato a pescare!!
Iniziano le prime note, cantano i loro successi più grandi, si scambiano le canzoni,Una città per cantare, I treni a vapore, Alice, Quando, Napule è, Generale e tanti altre bellissime poesie .
Ron, Pino, Fiorella, Francesco. 4 grandi della musica italiana. 4 artisti fantastici che ci hanno fatto passare una serata meravigliosa, unendo alla musica la loro simpatia. Ci hanno fatto emozionare ma anche divertire, e sono sicura che anche loro si sono divertiti, perchè hanno riso e scherzato tra di loro e con noi.
Inutile stare a spiegare la grandezza della voce di Pino Daniele, appropriata per ogni canzone ed emozionante quando fa da controvoce e non parliamo della sua chitarra......


Di Fiorella Mannoia che dire...non m'ha per niente annoiato!! Ihihi ihhi .....facciamo i seri...che brividi quando ha cantato I treni a vapore e poi, che belli i tantissimi gilet che ha sfoggiato sopra ai jeans!
Ron è un autore a mio avviso un po' sfortunato e non apprezzato quanto merita, sarà per la sua timidezza, o per la sua voce non proprio come quella di Pino!!!
Ed infine De Gregori......ve lo devo dire...mi sta antipatico!!! C'è di bello che è sicuramente una persona che guarda più alla sostanza che alla forma, ma mi sa di persona un po' maleducata; sulla sua mania di modificare le sue canzoni mentre le canta si è aperto un dibattito fra noi amici. A me piace molto cantare insieme agli artisti quando sono ad un concerto, mi sfogo, mi sembra di essere sul palco e cantare con loro! Con lui non puoi farlo! Ha la capacità di variare Alice o Generale (due delle mie canzoni del cuore) in modo che nessuno riesca a seguirlo. Il bello è che lo ammette anche, ho sentito dire, mi pare in una sua intervista, che lui quando fa i concerti vuole cantare senza che gli altri gli cantino dietro perchè se no gli rovinano il pezzo!!! Roba da matti!!! Che pretese!!!
Alcuni miei amici dicono che ha ragione, un concerto si ascolta, si paga il biglietto per ascoltarlo, se voglio cantare che mi compri un karaoke!!!!
Un concerto stupendo, che mi è piaciuto moltissimo. Ottimo tutto, luci, audio, le canzoni che hanno scelto e la distribuzione delle strofe da cantare.
Anche l'organizzazione e la scelta del posto dove farlo è stata ottima.
Da segnalare "Non abbiam bisogno di parole" cantata e suonata al pianoforte da Ron con Pino Daniele come controvoce e chitarra.
Sentire le mie canzoni preferite cantate in alcuni pezzi da altri è stato veramente bello!
Bisognerebbe che anche altri artisti facessero un concerto del genere, vediamo un po'.....io direi
Biagio Antonacci, Eros Ramazzotti, Giorgia e Vasco Rossi come lo vedete!?!?!
Notizie utili per chi volesse comprare il dvd di questo concerto:
LE CANZONI
Una città per cantare - I treni a vapore - Alice -
Quando - Non sono un cantatutore - Napule è - Generale - Non abbiam bisogno di parole - La storia - Chissà se lo sai - Oh che sarà - Niente da capire - Piazza Grande - Il tempo non torna più - Vorrei incontrarti fra cent'anni - Viva l'Italia - Bufalo Bill - Je sò pazzo - Un cielo senza nuvole - Joe Temerario - Quello che le donne non dicono - La donna Cannone
(ciao.it)

 

PASTORE DI NUVOLE - di Mimmo Rapisarda
In questi giorni ho tuffato le mie orecchie nel nuovo CD di Luigi Grechi.
L'ultimo lavoro, Cosivalavita, (ma è soltanto il mio parere) non mi aveva soddisfatto, era un po' insipido, né carne né pesce. Con questo nuovo CD, invece, è accaduto qualcosa, al primo ascolto già si avverte che c'è stato un cambiamento.
Sappiamo tutti che Luigi ha scritto da sempre ballate folk e country ma ballate del genere, alla Willie Nelson per interderci, le sanno fare un po' tutti.

Però stavolta è scattata una scintilla, stavolta la "fata delle paludi ispiratrici" ha toccato il fortunato Luigi, lasciandogli sulle spalle quella polverina magica che desiderano ricevere tutti coloro che fanno questo mestiere: la melodia, merce diventata ormai rara e ad esaurimento. La melodia è qualcosa che si scatena da chissà quali ormoni ed è stata ricercata fin dagli arbori della musica per rendere un motivo orecchiabile ed immortale. Oggi qualcuno riesce ancora a trovarla, anche soltanto per una sola canzone, ma basta quell'occasione per essere ricordati per sempre. E Luigi è un eletto.
Ascoltando "Pastore di nuvole" già dalla prima traccia si respira subito un'aria diversa dal solito. Appena si digita "play" si varca la soglia del Saloon e si entra in un Honky-tonk, il bar dove i cow-boys andavano a farsi una birra al suono delle ballate country, raccontandosi fra di loro di puledri appena nati e di ragazze selvagge, un luogo simile a quello del film "The blues brothers", dove la Band fu costretta a suonare in una gabbia.

Ma chi entra in questo CD-bar non creda di trovare delle ballate pacchiane, è un lavoro fatto bene, oltre ogni aspettativa, con uno stile elegantemente (e sottolineo elegantemente) "Old-West". Con un arrangiamento che rievoca volutamente Johnny Cash o Bob Wills fino all'esasperazione, in "Eccolo lo stronzo" Luigi si prende in giro da solo, si autocompatisce per questa passione del country&western e poi dice che i cavalli, gli indiani e i cappelli da cowboys, a pensarci bene, sono cose da bambini e che forse bisognerebbe fare delle cose più consone alla realtà. Insomma, vorrebbe evitare l'immagine di questo suo amore per un mondo che ha amato fin da ragazzo. Luigi, perchè? Hai avuto la fortuna di rendere operativa la tua "dreams work" ed ora la vorresti disattivare? Continua così, caro Guthrie di casa nostra.
In "Diggeridoo" i ragazzi si divertono a fare il rock, proprio come Rollo e suoi Jets. E facciamoli divertire!
"Le vespe" mi ricorda il primo Stefano Rosso, il ritmo è molto piacevole e rilassante, gli assoli e i rendez vous delle due chitarre che swisano e la fisarmonica di Dayana Sciapichetti fanno venire la pelle d'oca.
In "Ma che vuoi da me?", "Al di là del confine" e "Stivali e tequila", dal puro spirito country-folk e degne di essere suonate al "Woodyfest", si capisce chiaramente che Valle e Giovenchi si divertono da pazzi con le chitarre e il pedal-steel, e anche Francesco con l'armonica a bocca. Un Rivagli impeccabile nella guida ritmica di tutti i pezzi. Ma sono tutti i componenti della band che si divertono, come se suonassero in una stazione, in una piazzetta con il piattino delle offerte o su un terrazzo d'estate con il tavolo pieno di lattine di Coors semicongelata e i posaceneri colmi di cicche. E si sa, le cose migliori nascono sempre dal puro divertimento. Credo che gli stessi Russell e Case avrebbero fatto carte false per suonare con la band al momento dell'incisione dell'opera.
Nell'ultima traccia, "Pastore di nuvole", Grechi si toglie la cravatta a stringa di cuoio, i camperos di pitone e la giacca con le frange e per una volta veste i panni del cantautore all'italiana: bellissima, e complimenti a Guido.
Quella di questo CD è una musica "come piace a me" da cantarci sopra a squarciagola, a volume alto, in auto. Non a caso mi piacciono le ballate mandriane del fratellino minore, quelle nelle quali si diverte a stimolare una vena che ha sempre posseduto e che ogni tanto dimostra di sapere pizzicare: il country. Gli esempi sono Vecchia valigia, Cartello alla porta, I Cowboys.
Questo è un disco che costringe l'uditore ad ascoltare, ad ogni pennata e ad ogni accordo, il suono di tutte le corde della vecchia Martin D35 di Grechi, ad una ad una. Dal MI al MI cantino perfino i profani riuscirebbero a percepire le note che il plettro produce sulle corde metalliche.
Il pastore Luigi ci porta a spasso per quaranta minuti su quelle stesse nuvole rosa che il folle Dean scorgeva ad ogni orizzonte a bordo della sua Cadillac in "On the road" di Kerouac. Proprio come lui, come un ottimo compagno di viaggio da portare in tutte le "Highway 66" dei nostri sogni. (Mimmo Rapisarda)

 

 

 

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