LA STORIA DELL'ALBUM di Enrico Deregibus - 31.1.2025
“Come un disco dei
Pooh”: la vuole così la sua prossima creatura, Francesco De Gregori,
quando mette mano alle nuove canzoni.
Il suo produttore, Lilli Greco, però continua a non capire (come dice una canzone di due anni prima, "Marianna al bivio") e così De Gregori il disco se lo fa da solo, in uno degli studi della Rca ma furtivamente, spacciandolo per provini. È lo studio A, il più grande, quello che serve a registrare le orchestre, e quindi poco utilizzato. Chiama i Cyan, il gruppo di Riccardo Cocciante dell'epoca, che gli sembrano adatti alla bisogna, e poi un chitarrista acustico e squisito, Renzo Zenobi, che però non suona soltanto. Ad esempio su "Pablo" De Gregori vuole un applauso in un certo punto, ma è a Milano, e così spiega tutto per telefono a Zenobi che glielo fa trovare bell'e pronto al ritorno. Insomma, gli fa un po' da vice. Perché per la prima volta a dirigere tutto, a produrre, come si dice, è lui in prima persona, con i suoi 23 anni, le sue magre competenze tecniche ma con idee chiarissime. Va tutto bene fino a quando Greco scopre la nave pirata. E l'affonda, implacabile. Il lavoro è già a buon punto, salgono lo sconforto e la rabbia. A De Gregori non resta che andare fin su da Ennio Melis, il presidente Rca in persona, uomo – detto en passant – di raro carisma. Che ascolta in silenzio e poi decreta: “Ok, vada avanti, ma se ne assume tutta la responsabilità” (si davano ancora del lei). E quindi è totalmente De Gregori il responsabile di sessanta settimane in classifica e di un disco dirompente. Nella forma, nel contenuto, nel successo. E perciò anche criticato, a partire dal titolo. “Rimmel” evoca il mascara ma più in generale il concetto di trucco, qualcosa di falso, di nascosto, qualcosa da smascherare, qualcosa di cui in qualche modo parlano le canzoni d’amore del disco ma anche quelle che guardano al mondo. In questi testi si può navigare a piacere, perdersi e trovarsi, e la musica è musica vera, multiforme, c’è folk americano e c’è folk italiano, c’è jazz, c’è rock e altro ancora.
Nove canzoni che
conoscono anche i muri. "Pablo" su un muro ci va pure, come slogan
politico, ma passa anche in discoteca. Come coautore ha Lucio Dalla (che
in realtà consiglia solo
una modifica nel ritornello) ed è stata scritta
in occasione di un festival dell'Unità di Bari dedicato all'emigrazione.
Invece l'anti-anti-conformista "Buonanotte fiorellino" sboccia,
amaramente dolce, in Sardegna a casa di Fabrizio De André, che aveva
arruolato De Gregori per scrivere insieme i brani del suo “Volume 8”, degregorissimo album che esce in contemporanea a “Rimmel” e contiene
anche una versione di "Le storie di ieri". Su questa il cantautore
romano per il suo disco si rivolge per il sax all'amico Mario Schiano,
uno dei padri del free jazz in Italia, e Schiano a sua volta chiama al
contrabbasso Roberto Della Grotta, che visto che c’è suona anche nella
title-track. L'arpeggio e le imprevedibili armonie di "Pezzi di vetro" sono invece opera di De Gregori stesso, che le ricama ispirandosi un po' allo stile di Zenobi. Mentre il verso “sotto l’angolo retto di una stella” è preso dal poeta cileno Nicanor Parra, che per questo è ringraziato sul retro della copertina. La canzone nasce da un lampo di gelosia passionale, "Quattro cani" dall'amore per i cani. E poi: "Il signor Hood" è Marco Pannella, il pianista di "Pianobar" non è Antonello Venditti. "Piccola mela" è il primo esempio discografico in De Gregori di brano legato al mondo dei canti popolari italiani. E "Rimmel" è "Rimmel", la canzone che ha – finalmente - buttato all’aria il modo di fare canzoni d'amore in Italia. Non è forse il miglior disco di De Gregori (“Titanic” complessivamente è più riuscito) ma è quello che gli apre le porte, che colpisce il compagno in eskimo e la signora ingioiellata, la massaia sognante e l’intellettuale più o meno organico. La copertina del disco è la riproduzione di una cartolina postale d'inizio Novecento con una donna ritratta di profilo, con gli occhi bassi, forse pudìca. È un'idea del grafico della Rca, Francesco Logoluso. De Gregori però all'inizio ne aveva pensata un'altra, ispirata alla Marilyn di Andy Warhol: il viso di una ragazza molto emancipata dopo una intensa notte d'amore (con il rimmel che cola?). Sarebbe stato, concettualmente, l'esatto contrario. Però, per com'è andata, non crediamo abbia grandi rimpianti. Il disco è decollato poco a poco, settimana dopo settimana, fino a diventare un successo enorme, sconvolgendo e indirizzando la vita di un ragazzo che ha mollato l’università a un passo dalla laurea e ha lasciato un segno forte, perennemente nuovo, nel mondo della canzone. C’è un prima e un dopo di lui nella storia della musica italiana. Grazie a “Rimmel”. E un po’ anche ai Pooh. Enrico Deregibus per https://www.rockol.it
........ visto che sulle canzoni di «Rimmel» circolano da sempre interpretazioni tra le più bizzarre, perché una volta per tutte non le spiega lei? «D’accordo, ma con una premessa: le canzoni sono fatte di chiaroscuri, consentono di dire e non dire, di lasciare immaginare. Nel momento in cui le vado a spiegare si impoveriscono, si liofilizzano. Detto questo, sono pronto». Chi è «l’uomo che cammina sui pezzi di vetro»? «Passeggiavo con la mia fidanzata di allora in piazza Navona. Tra i tanti artisti di strada c’era uno che mangiava il fuoco e camminava sui cocci di bottiglia a piedi nudi. Ad un certo punto la mia ragazza disse: “Però, che bel ragazzo che è quello”. Finisce qua la storia, fu semplicemente un momento di leggera toccatina di gelosia. Da lì nacque l’incipit di una canzone autobiografica». Si sa che «Il signor Hood» è dedicata a Marco Pannella. «Sì, ma con autonomia. Ho molto amato Pannella per certe cose. È integro, nobile, ma di lui non condivido tutto. E anche allora la pensavo così». «Pablo» racconta la morte di un emigrante.
«Ma è una storia immaginata.
L’invenzione della canzone era di mettere una di fronte all’altra due
persone spaesate, una italiana e una spagnola che stanno in Svizzera e
che si confrontano sul benessere economico raggiunto, ma pure sul senso
di precarietà, sul risc Dicono che «Buonanotte fiorellino» l’abbia scritta per ricordare una fidanzata morta in un incidente. «Vorrei trovare un giorno colui che ha originato questa storia e da dove nasce l’equivoco. È un omaggio a Dylan, perché io sono dylaniano e dilaniato». E «Quattro cani»? «Nessun riferimento né a Patty Pravo né ad altre persone. Sono solo quattro cani, che se li incontri per strada realmente si nota che hanno caratteri diversi: c’è quello che annusa, quello che scappa, quello intimidito, e magari c’è la cagna che fa il capobranco. Adoro i cani e il brano esprime il mio amore per gli animali. Punto». «Piano bar»... «Non è dedicata a Venditti. Al bar di un albergo c’era uno che suonava il piano e mi misi a pensare: lui suona il pianoforte meglio di me; a lui lo pagano, a me ancora no; però io canto quello che mi va, lui magari fa le canzoni che non gli va di suonare... Tutto qui». Per «Piccola mela» non c’è mai stata nessuna interpretazione fantasiosa. «Il testo è di una canzone popolare sarda, la musica è mia. Feci un innesto. Mi affascinava questa operazione e dissi: adesso rubo. Io ho sempre rubato da tutti, non solo da Dylan. Picasso diceva: bisogna rubare, non imitare». Resta «Rimmel», storia di un amore finito: chi è quello mollato tra i due? «Bisogna mettersi nei panni di uno che aveva 23-24 anni. La vita sentimentale di un ragazzo a quell’età è quanto mai gioiosa, piena di domande e risposte. Adesso chiedersi chi ha lasciato chi è difficile. Posso dire diplomaticamente che non ha importanza. Ma in quella canzone non c’è una sola figura femminile. Può essere difficile da credere, ma è un insieme di situazioni, di storie, di sentimenti, di smarrimenti». Già, forse è meglio che le emozioni di una canzone restino in penombra, «fra le pagine chiare e le pagine scure».
estratto dall'intervista di Pasquale Elia http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerArticolo.php?storyId=54f96209601d4
“Registrare l’album Rimmel è stato dolcemente caotico. Non siamo partiti con un progetto con le canzoni già pronte, la lavorazione è durata parecchi giorni con delle pause anche di diversi giorni. Ogni tanto andavo in studio con i musicisti che c’erano, non sempre gli stessi, registravamo qualcosa…Bisognerebbe capire il mondo della RCA di Roma di allora che era una specie di circo in cui passavano musicisti di tutti i tipi. I miei colleghi erano Rino Gaetano, Antonello Venditti, Claudio Baglioni, Ivan Graziani, eravamo tutti ragazzetti di bottega con i vari turnisti. Era un clima d’improvvisazione che sicuramente faceva bene alla musica. ” “Tutti i posti dove porterò il tour per il 50° anniversario di Rimmel, appartengono tutti alla mia storia da musicista. E quindi, dovendo festeggiare il compleanno di Rimmel, ho pensato di fare una tournée che li comprendesse tuttti. . Risentendo le canzoni di Rimmel, mi rendo conto che in quel periodo avevo una facilità di scrittura che oggi mi manca e che è andata diluendosi un po’ negli anni, ma credo sia fisiologico. Il mandato che mi sono dato è quello di non fare per forza qualche cosa che poi non mi convinca.” FdG
I RICORDI DI CHI L'HA SUONATO (in esclusiva per il Titanic)
Quel lontano giovedì o venerdì prima della registrazione mi
sono visto con Francesco. Il primo brano programmato per il "provino" di lunedì si
chiamava "Rimmel". Ho ancora il piccolo
arrangiamento scritto alla buona per i colleghi e lo spartito per Della Grotta,
che leggeva a vista Nella mattinata di lunedi' ricordo che abbiamo provato un po' insieme e poi in due o tre prese al massimo. Consoli aveva il pezzo sul nastro. L'ambiente era molto disteso, c'era l'ottimismo e quasi l'incoscenza della gioventu'. Renzo Zenobi era trepidante e ansioso, Francesco aveva la sicurezza dei forti e i dubbi dei geni. Lui cantava accompagnandosi con la chitarra per farci da guida ed i suoi toni ispiravano la nostra maniera di suonare (in diretta). Per ogni canzone si facevano 2 o 3 prese e se c'erano degli errori bisognava riprendere da capo. Mi ricordo della disponibilità tranquilla di George Sims che ha avuto da sempre un buon gusto innato. Poi Francesco registrava la voce definitiva, senza troppe storie, con sicurezza e spontaneità. Mi ricordo che Ubaldo Consoli si era inventato un colore nelle frequenze e nel mix che avvolgeva il tutto e dava un tocco di magia. C'era il segreto dei"provini" che noi abbiamo rispettato. Il resto l'ha già detto Francesco. (Alberto Visentin)
Ciao sono Franco di Stefano. Sono dei bei ricordi e ho una gran voglia di tornare indietro e ripetere tutto. Un bacio a tutti. (Franco Di Stefano)
Sono molto orgoglioso di aver preso parte alla nascita dell'album Rimmel. E' stato, e sarà sempre uno dei momenti più belli della mia vita. (George Sims) George ha concesso la foto al Titanic attraverso il grandioso sito http://www.beatsessanta.it/
Vorrei che fosse ricordato anche Ubaldo Consoli, tecnico del suono mio collega e fraterno amico, fra i più apprezzati della RCA e sopratutto da Francesco...anche i tecnici della RCA hanno fatto la storia di questa grande Società...prematuramente e volutamente defenestrata. Ubaldo era molto riservato professionalmente… difficilmente riuscivi a capire ciò che succedeva in studio di registrazione… si prodigava molto per l'artista, questo si, che poi, alla fine, attingeva e si impossessava tranquillamente dei consigli del fonico (anche noi si produceva… e come): Francesco, non ricordo su quale LP, lo cita, nei titoli, anche come produttore. Eravamo amici, conservo veramente un bel ricordo di Ubaldo…Un amico che vorrei avere ancora vicino. Enzo Martella (RCA-BMG)
«Rimmel fu l’album più venduto in Italia in un momento in cui la discografia internazionale produsse album molto importanti. Quello stesso anno esce Wish You Were Here dei Pink Floyd, per dire. Anche Dylan, Queen, Springsteen e Led Zeppelin pubblicano album; in Italia le vendite premiano De Gregori. «Questo segna in qualche modo una sorta di punto di non ritorno per la canzone d’autore italiana. La canzone d’autore fino a quel momento aveva fatto ottimi numeri di vendite, penso a Fabrizio De André, Francesco Guccini, però l’idea che un cantautore politico, perché De Gregori era percepito come un musicista politico, vicino a Lotta Continua in parte in quegli anni, potesse essere in cima alle classifiche era qualcosa di relativamente nuovo. Quindi è una sorta di punto di non ritorno anche per chi immaginava la canzone come strumento di propaganda, di modo di fare politica, uno dei sentimenti dominanti della musica pop degli anni ‘70 in Italia». Jacopo Tomatis, musicologo e docente universitario
Rimmel, 50 anni fa la canzone cambiava il cammino di De Gregori. E così sono cinquant’anni esatti, perché proprio a gennaio 1975 il «trucco» di Rimmel appariva sull’orizzonte discografico della Rca, destinato a rimanerci come nessun altro dei dischi di Francesco De Gregori, ben sessanta settimane e con più di quattrocentomila copie vendute. Dal punto di vista esclusivamente discografico, il suo quarto LP in studio (se vogliamo includere nel numero Theorius Campus, inciso con Venditti nel 1972) fu un successo.
Cosa che creò al
cantautore romano non pochi problemi, perché quel disco si allontanava dalle
monocordi ballads in stile dylaniano che per buona parte regnavano nei
precedenti dischi e che risentivano fortemente di u In realtà l’attualità politica si affacciava nel disco: basti pensare a Signor Hood che era un chiaro riferimento alle battaglie di Marco Pannella, il quale prima della proposta del compromesso storico di Berlinguer era, come da titolo, un solitario arciere costretto ad affrontare le cavallerie ben organizzate del Partito Comunista e della Democrazia Cristiana. Una lotta, fatta anche di digiuno a oltranza per il sovraffollamento delle carceri, che fin dalla dedica nel retrocopertina («A M., con autonomia») viene ammirata, anche se con la distanza di chi non voterà radicale. Certo, nel disco appare anche il personale, come nel caso della canzone che dà il titolo al LP, dedicato a una ragazza che lo aveva piantato per mettersi con un altro. Tutto qui? Dipende. Perché la più banale storia di un addio, e il dolore non è mai banale, diventa altro, in questo caso ricordi di serate in Gallura con De André e la prima moglie, il gioco e la magia delle carte, il trucco non solo esteriore, l’irruzione e il trauma dell’addio. Come nel caso di Piccola mela, riferimento alla canzone popolare sarda, e a quel semplice contesto di speranza d’amore, di desiderio e di dubbio che fanno le storie di tutti i tempi e di ognuno, e che però venne attaccata come oltraggioso cedimento alla cantabilità e alla semplicità. Come se si potesse cancellare l’amore, il dolore di un “semplice” addio dal canzoniere popolare di ogni latitudine.
Se è per questo, Le
storie di ieri contenevano un preciso, evidente riferimento al ventennio
fascista, ma senza la virulenza della condanna frontale, il che contribuì al
clima di ostilità verso il disco e il cantautore. In realtà quella canzone
conteneva elementi di grande attualità, perché affrontava i luoghi divenuti
comuni di chi ricordava anche gli elementi positivi del regime, con il
conseguente rinnovamento di linguaggio e modalità, attraverso il celebre «i
nuovi capi hanno facce serene e cravatte intonate alla camicia», che si
inserisce, a mezzo secolo di distanza, ne Fatto sta che Rimmel segna un cambiamento nel cammino di De Gregori: certo rimangono alcuni elementi di ermeticità dei testi, ma, e questo fece arricciare il naso a molti, l’amore, la cantabilità, il popolare, prendono il sopravvento sull’oscurità dei precedenti dischi. Un’oscurità che però aveva contribuito a fare l’unicità, in Italia, di canzoni in cui emergevano non solo le influenze di cui abbiamo parlato ma elementi diversi, come il Dante del «fanno dolore, e al dolor finestra» e dei due angeli nel canto VIII del Purgatorio in Finestre di dolore. In ogni storia umana ci sono cambiamenti, che vengono a volte scambiati per regressioni: in realtà sono manifestazioni di una ricerca al di là delle categorie critiche. 4 Gennaio 2025 - Osservatore Romano
Francesco De Gregori è
stato ospite di RTL 102.5, in compagnia di Angelo Baiguini e Jessica Brugali,
per presentare “RIMMEL 2025”, il tour che toccherà tutta l’Italia e con cui
l’artista festeggia il 50° anniversario dall'uscita di “Rimmel”, il suo
quarto album in studio, pubblicato nel 1975 e divenuto una pietra miliare.
Il capolavoro che ha segnato intere generazioni con brani indimenticabili come “Pablo”, “Buonanotte Fiorellino” e la stessa “Rimmel”, verrà riproposto live integralmente in ogni data, unitamente ad altri brani di Francesco De Gregori che cambieranno in ogni tappa, rendendo ogni appuntamento unico. Il pubblico avrà l’opportunità di vivere le emozioni dell’album e del vasto repertorio del cantautore in contesti diversi, passando da location uniche, alla magia dei teatri, dalla potenza dei palazzetti, fino all’atmosfera intima dei club che creano una connessione diretta e spontanea tra musicisti e spettatori. Ai microfoni di RTL 102.5, Francesco De Gregori ha raccontato: «Farò qualche giorno di prova prima di iniziare i live con i musicisti e sul palco mi auto-preparo, scatta qualche cosa per cui il lavoro sul palco non ti pesa. “Rimmel”, che dà il titolo al disco, è una buona canzone, non so se è come il vino che invecchiando migliora. Dal vivo l’ho sempre un po’ modificata, perché ho sempre pensato che il live fosse un’occasione in più per l’artista per rinnovarsi. Ma in questa tournée la servirò originale, farò tutte le nove canzoni del disco cercando di rimanere molto fedele alla versione dell’album. I temi si mischiano all’interno della stessa canzone: c’è amore, c’è il sociale e c’è la vita degli altri. Poi attraverso letture e film viene filtrato tutto dalla mia sensibilità. Nelle canzoni d’amore sembra io parli di una sola persona, ma magari sono più donne e ne vengono mischiati i ricordi. Per scrivere tutte le canzoni di “Rimmel” ci ho impiegato un po’ perché ho scritto prima tutte le strofe e dopo qualche mese ho scritto gli incisi in un altro posto. Registrarle, invece, fu un lavoro molto rilassato, anche perché non avevo molte aspettative con questo disco, non mi aspettavo di venderne tanti. Sembrerà strano, ma era così. Ero talmente felice di fare musica in maniera autonoma in quel periodo che sì ero attento ai risultati, ma non particolarmente»
di Gianluca Fenucci - 7 Settembre 2025 «I compleanni si festeggiano tutti, quelli delle persone e anche quelli dei dischi». Francesco De Gregori, reduce da Venezia dove venerdì in anteprima alla 82^ Mostra Internazionale del Cinema è stato presentato il film “Francesco de Gregori. Nevergreen”, celebra allo Sferisterio il 50° anniversario dall’uscita di “Rimmel”, suo quarto album in studio pubblicato nel 1975, divenuto una pietra miliare della musica italiana. Lo fa alla sua maniera, con un concerto indimenticabile, dove tra le 24 canzoni che compongono la scaletta di 2 ore, trovano posto tutti gli 8 brani di Rimmel. Ma De Gregori non finisce di sorprendere e apre la festa allo Sferisterio con “Via della povertà”, un luogo abbandonato e morto dove ogni esistenza è vuota di spirito e materia, traduzione della celebre “Desolation Row” di Bob Dylan, frutto della collaborazione che il cantautore ebbe con Fabrizio De Andrè. E’ la prima perla di un concerto che ne proporrà a iosa con il cantautore che più volte sottolinea lo splendore e la magnificenza dello Sferisterio, colpito anche lui da tanta bellezza.
Le sorprese proseguono con “Cercando un altro Egitto”, sogno fatto da De Gregori nel 1974 che divenne canzone (sempre attualissima) sulle piccole e grandi violenze del nostro tempo. Gli aficionados si stropicciano gli occhi sulle onde di “Atlantide”, storia di un uomo incapace di avere abbastanza coraggio nell’inseguire il suo sogno d’amore, che si ritira in un isolamento metaforico, ad Atlantide, vivendo nella malinconia e nel tormento dei ricordi. De Gregori è a suo agio, si scioglie in spiegazioni e ironie, parlando delle sue “canzoni d’amore irrisolto che proprio per questo fanno vendere dischi e album”. E’ la volta di “Caldo e scuro” (“ho imparato che l’amore insegna ma non si fa imparare”) e poi di “Caterina” (“arrivò il mattino e col mattino un angelo e quell’angelo eri tu”). Non c’è la torta con le candeline ma, come aveva promesso, De Gregori snocciola una dietro l’altra le 8 canzoni di Rimmel, compresa la title track scritta a 24 anni dopo la conclusione di una storia d’amore giovanile.
Applausi ed emozioni al ritmo ed ai versi di Piano Bar, Quattro Cani, Pezzi di Vetro (“Non conosce paura, l’uomo che salta e vince sui vetri perché ferirsi non è possibile, morire meno che mai”), Il Signor Hood, Piccola Mela, Le storie di ieri, Pablo. E’ il momento della presentazione della band: il capobanda Guido Guglielminetti al basso e contrabbasso, Carlo Gaudiello al pianoforte, Primiano Di Biase, hammond, tastiere e fisarmonica, Paolo Giovenchi alle chitarre, Alessandro Valle chitarra, pedal steel e mandolino, Simone Talone alla batteria e percussioni e le coriste Francesca La Colla e Cristina Greco. Il viaggio prosegue con brani indimenticabili: La valigia dell’attore, Sempre e per sempre, Generale, Il vestito del violinista, Adelante adelante, La storia, Bufalo Bill e con il bis prezioso e dolente con “La donna cannone”. Si finisce ballando, con De Gregori che esorta tutti a baciarsi, abbracciarsi, unirsi al suo indimenticabile “Fiorellino” mentre una luna, piena e rotonda, bacia l’indimenticabile notte maceratese dello Sferisterio in un dolce e tenue settembre marchigiano.
LA SCALETTA: Mannaggia alla musica, Cercando un altro Egitto, Caterina, Caldo e scuro, Atlantide, Bufalo Bill, Via della povertà, Rimmel, Il signor Hood, Quattro cani, Pezzi di vetro, Piano bar, Piccola mela, Le storie di ieri, Pablo, Adelante!Adelante!, Generale, Il vestito del violinista, La storia, La valigia dell’attore, La donna cannone, Sempre e per sempre, Buonanotte fiorellino.
"Aver scritto delle cose che piacciono ai miei coetanei e a chi potrebbe essere mio figlio, o mio nipote, significa che in queste canzoni c'è qualcosa di buono" - Leonardo lodato - 01 Settembre 2025 Cinquant’anni e sentirli tutti. Non per “demeriti” anagrafici, ma perché nell’arco di questo mezzo secolo, “Rimmel” e i suoi derivati, arrivati intatti fino a noi, hanno graffiato i cuori di ogni generazione, hanno fatto sognare, discutere, cantare.
Le storie che racconta in quest’album le appartengono ancora oggi? «Sicuramente i sentimenti che stanno dietro alle storie che ho raccontato in questo disco sono sentimenti che ancora mi appartengono perché c’è molto amore, molta passione e c’è anche un certo sguardo sulla società che ancora coltivo, quindi sì, anche se ovviamente sono un uomo molto diverso da allora». Il 10 settembre sarà di scena, ancora una volta, nello scenario unico del Teatro antico di Taormina. Poi, farà tappa il 21 novembre al Metropolitan di Catania e il 2 febbraio, in un’atmosfera più intima, al Land sempre a Catania. Cosa ci può dire di questo tour? «Le canzoni rimarranno molto fedeli alle versioni originali. Sarà una cosa abbastanza strana per me, perché di solito ho sempre approfittato dello spazio live per poter giocare un po’ le mie canzoni, cambiarle, ma qui invece per rispetto a questo bel disco che stiamo per celebrare dopo 50 anni, le farò molto vicine a com’erano. Per quanto riguarda il concerto del 10 settembre, beh, Suonare nei bei posti da un’impronta particolare alla tua giornata. Non direi al modo di suonare, più al modo di viverla. Io arrivo sempre al pomeriggio nei posti dove devo suonare. Trovarsi nello spogliatoio di un palazzetto dello sport o trovarsi dentro la Reggia di Caserta o al Teatro antico di Taormina fa una certa differenza». Il tour, come detto, toccherà luoghi molto diversi tra loro: location all’aperto, teatri, club. Come cambia il suo modo di stare sul palco in questi contesti? «Mi piace avere la gente molto vicina, che il palco sia molto vicino al pubblico. Quindi questo è più facile che avvenga nei locali. Non mi rendo conto di come cambia il mio stare sulla scena, ma sicuramente quando ho la gente vicina mi viene voglia di sorridergli, di guardare il pubblico e cercare di capire se stanno lì per fare una foto o per sentire quello che sto cantando». C’è una canzone di “Rimmel” che oggi sente più attuale, o che ha cambiato significato col tempo? «Credo che le canzoni d’amore di questo disco, che sono poi la maggior parte, siano quelle più attuali. Quindi, “Buonanotte fiorellino”, “Rimmel” e “Pezzi di vetro”. “Pablo” raccontava una storia di emigrazione. Se la scrivesse oggi, cambierebbe qualcosa? «Cambierebbe il versante, perché io parlavo di italiani che andavano a lavorare in Svizzera. Oggi invece viviamo una situazione opposta, c’è gente che viene da noi in Italia a cercare lavoro o per fuggire da situazioni terribili. Quindi ci dobbiamo porre il problema di accoglierli come noi avremmo voluto essere accolti in Svizzera». Il 24 settembre tornerà all’Arena di Verona, che ricordi ha dei suoi concerti lì, in particolare di quello del 2015 legato a Rimmel? «È un ricordo sempre piacevole quello di 10 anni fa all’Arena, e non mi sembra che siano passati 10 anni francamente. Ricordo un concerto molto caotico, in senso buono, grandi contributi musicali da parte di tutti, amici che sono venuti a trovarmi e a suonare le canzoni di “Rimmel” e arrangiamenti molto particolari. Ricordo “Pezzi di vetro” fatta col violoncello, bellissima. È stato un momento in cui ancora una volta la musica si è dimostrata capace di essere flessibile e reinterpretabile in tanti modi. Al contrario di quest’anno in cui invece farò appunto le canzoni di “Rimmel” in maniera abbastanza filologica». Con De Gregori, sul palco, per i concerti siciliani organizzati da Puntoeacapo, Guido Guglielminetti (basso e contrabasso), Carlo Gaudiello (pianoforte), Primiano Di Biase (hammond, tastiere e fisarmonica), Paolo Giovenchi (chitarre), Alessandro Valle (chitarra, pedal steel e mandolino) e Simone Talone (batteria e percussioni). Coriste: Francesca La Colla e Cristina Greco. Il 5 settembre, parentesi cinematografica per il “Principe” della canzone d’autore, con la proiezione alla Mostra del cinema di Venezia del film “Francesco De Gregori Nevergreen” diretto da Stefano Pistolini, che sarà sul grande schermo dall’11 al 17 settembre.
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